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Are you afraid of the dark?

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Devi essere un bravo ometto. 1/2

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Tum, tum, tum...
...
..
.
"... Devi... Devi fare come noi, piccolo" disse suo padre tra le lacrime e i singhiozzi. Quell'uomo bello, alto e che l'aveva sempre protetto, ora ridotto a una cosa così debole e stanca, spaventata. Il piccolo Richard non capiva cosa stava succedendo: perché il suo meraviglioso papà e la sua bellissima mamma erano tristi? Perché stavano piangendo? Non li aveva mai visti piangere così.
"È per il tuo bene, amore mio... davvero, ci dispiace, ma noi non..." sua madre non riuscì a completare la frase a causa del groppo alla gola e delle lacrime. Richard avrebbe voluto consolarla, ma non sapeva come.
Erano chiusi in cucina da tanto tempo, e da quel momento la mamma e il papà erano stati tristi e arrabbiati. Parlavano e piangevano tanto. Ma Richard aveva solo 5 anni, non poteva capire, continuava a giocare con le sue macchinine sul pavimento, immaginando di sfrecciare tra le strade di una grande metropoli sfidando altri corridori, diventando il più bravo di tutti: sognava, faceva ciò che un bambino sa fare meglio.
Non badava ai discorsi e al pianto dei genitori.
Ma questa volta era diverso.
Stavolta parlavano (o, per meglio dire, singhiozzavano) direttamente a lui. E papà aveva in mano la sua pistola, quella che Richard non doveva MAI MAI MAI toccare, tantomeno giocarci.
"... Non ci riusciamo, non possiamo farlo, non a te..." l'uomo terminò la frase per la moglie, che continuava a disperarsi seduta al tavolo della cucina. Richard era sempre più confuso. Che stava succedendo? Chi stava bussando alle porte della loro cucina? E perché papà le aveva bloccate con delle assi? Chi c'era in casa loro? Forse era per quello che i suoi genitori, coloro che dovevano proteggerlo da ogni male, erano così disperati?
La porta dietro alla madre di Richard sussultò, e i cardini iniziarono a cedere.
"Non... non c'è più tempo..." disse con un sospiro la moglie "... È ora..." E scoppiò in un pianto più violento del solito. Richard avrebbe voluto dirle qualcosa, ma era paralizzato, lì in piedi nel mezzo della cucina dove aveva giocato così tante volte accanto a sua madre, mentre lei cucinava quei pasti così invitanti.
"Ti... ti ricordi cosa devi fare?" Richard annuì alla domanda del padre, che ora stava stringendo più saldamente la pistola.
"Bravo ometto..." rispose, e sorrise al figlio. Piangeva e sorrideva? Richard era sempre più confuso.
La porta stava cedendo.
"... amore..." disse sua madre, rivolgendosi al marito "È ora"
"Lo so"

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Devi essere un bravo ometto. 2/2

Lord_Tobi’s Profile PhotoAre you afraid of the dark?
La donna si avvicinò a Richard e lo cinse tra le sue braccia e gli disse all'orecchio: "Scusa amore mio, ci rivedremo presto, non riusciamo a farti del male, non siamo forti abbastanza, scusaci"
Poi si alzò, e quello che successe dopo, mentre i colpi proveniente dalla porta diventavano sempre più forti, terrorizzò il piccolo bambino.
Il padre, con un unico movimento, disse "Ti amo da impazzire" alla moglie e, alzata l'arma, le sparò in testa.
Il muro era tutto rosso, la mamma era ferma, a terra, in una posizione strana.
Dov'era la sua testa? Che aveva fatto papà?
Richard si orinò addosso.
Il padre sembrò non notarlo. Il primo cardine della porta saltò proprio mentre l'uomo baciava il figlio.
"Fai quello che devi fare e sarai con noi, ok? Ti amo, piccolo mio, scusaci, ti prego"
E poi, Richard scoppiò a piangere, e, mentre il padre si puntava la pistola alla tempia e strizzava gli occhi gonfi di lacrime, al bambino uscì un flebile: "...papà, no..."
E anche il padre cadde a terra, come il secondo cardine. La porta stava cedendo.
La credenza era tutta rossa come il muro.
La mamma e il babbo erano immobili. La loro testa scomparsa. Non piangevano più, sembrava che stessero dormendo.
Richard doveva prendere la pistola, anche se gli era vietato questa era un'eccezione, e fare quello che aveva fatto papà, come un bravo ometto.
Ma non voleva restare fermo a terra per sempre.
Chiamò i genitori inutilmente, poi prese la pistola, ma non voleva farlo, non sapeva cosa voleva dire, non capiva, era spaventato e si mise a strillare, lasciando la pistola a terra.
Era tutto così brutto.
Voleva abbracciare la mamma, giocare col papà, dormire nel lettone e andare ai giardini, voleva che tutto fosse come prima, voleva andare a comprare i giochi nuovi e soprattutto voleva di nuovo i suoi genitori, voleva poterli stringere di nuovo.
Si avvicinò loro.
Chiamò ancora.
"Svegliatevi, ho paura, vi prego, mamma!" strillò il bambino tra gli spasmi del pianto, ma nessuno rispose.
"Mamma, papa!!!"
"SVEGLIATEVI!"
"Papaaaa!!!"
La porta cedette.

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L'impronta.

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Elizabeth Hetzler, una ragazza di 19 anni, scomparve dalla sua stanza situata in un'Università della Pennsylvania nella notte del 12 Febbraio 2007. La sua stanza si trovava al terzo piano dell'edificio, la porta era chiusa a chiave e fuori dalla finestra non c'era alcuna sporgenza o balcone. La sua compagna di stanza, svegliatasi al mattino poiché nel corso della notte non aveva udito alcun rumore sospetto, aveva dedotto l'amica fosse andata a lezione prima come spesso capitava. Solo più in là la compagna di stanza disse alla polizia di aver urlato alla visione della grossa impronta sul vetro, sostenendo che "tutto ciò che Elizabeth aveva detto era vero. Era reale."
La sera prima, Elizabeth aveva parlato all'amica di una strana esperienza accaduta durante il ritorno al dormitorio. Proprio durante la camminata attraverso il campus per tornare alla sua stanza, la ragazza si sentiva a disagio, come se qualcuno la stesse osservando. "Una volta arrivata in camera ha tirato un grosso sospiro di sollievo", disse la compagna di stanza.
Attualmente non c'è traccia di Elizabeth, alcuni investigatori definiscono questa vicenda come uno dei casi di sparizione più vaghi e misteriosi della loro carriera. Poiché l'immagine qui sotto circola per internet da almeno due anni, è difficile dire se si tratta dello scatto fatto dalla polizia, anche se c'è da dire che coincide perfettamente con il racconto di poliziotti e compagna di stanza. Il detective Stephen Broze, ironico, commentò il caso:
"Effettivamente il nostro sospettato dovrebbe essere facile da identificare. Basterebbe cercare per strada un tizio con le mani lunghe undici pollici."

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Limpronta

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Laria_’s Profile PhotoLaria
Hey, ci avete mai pensato...
Quanti maniaci psicopatici esistono al mondo?
Tanti.
Quanti nel vostro paese?
Tanti.
Quante persone si iscrivono a social network lasciando scritto il paese, le foto, l'indirizzo e talvolta il numero di telefono?
Quasi tutti.
E lo so, dirette che voi non mettete la vostra informazione ai social.
E anche se non ci fosse la vostra informazione personale, quanto pensi che sia facile rintracciare i dispositivi dai quali vi collegate? E' un gioco da bambini, lo sapete?
E qualsiasi persona se avete fatto Login sia dal cellulare o Pc può trovarvi.
Immaginate quanti scenari e protagonisti, che io scriva un nome a caso su un social network e inventi qualche storia riguardo alla mia vita, che alle persone piaccia e attiri, e che ora io sappia dove abitate e inizi a pedinarvi, scoprendo sempre di più sulla vostra vita e sui vostri spostamenti, aspettando solo il momento opportuno, forse oggi, forse domani. Un giorno.
Ora, approssimativamente in quanti hanno la possibilità e le capacità di fare ciò?
Sempre tanti, no?

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Elisa Lam?

In febbraio del 2013 i clienti del Cecil Hotel iniziarono a reclamare che, il colore dell'acqua era poco naturale, e chi aveva l'abitudine di bere acqua dai rubinetti asseriva che il sapore era alquanto disgustoso.
I reclami a causa di quel acqua sempre più fetida e viscosa continuarono finché l'Hotel non decide d'inviare suoi dipendenti a controllare i serbatoi d'acqua situati nel Rooftop.
Dopo d'aprire, con tanto di sforzo i serbatoi, gli impiegati si trovarono con qualcosa che non dimenticheranno più nella loro vita; dentro di uno dei serbatoi si trovava un corpo in avanzato stato di decomposizione che, i forensi affermarono è stato sommerso non meno di 19 giorni in fondo del serbatoio.
Come era d'aspettarsi, quasi tutti gli inquilini, perturbati quanto schifati, fecero immediatamente il proprio check-out. Mentre. La polizia di Los Angeles con l'aiuto di altre forze dell'ordine e le videocamere di sorveglianza identificarono il cadavere.
Si trattava di una Canadese d'origine asiatico d'appena 21 anni chiamata Elisa Lam.
L'ultimo testimonio in vita di questa ragazza è questo video, registrato lo stesso giorno della sua morte.
https://www.youtube.com/watch?v=3TjVBpyTeZMLord_Tobi’s Video 129225755070 3TjVBpyTeZMLord_Tobi’s Video 129225755070 3TjVBpyTeZM
Questo è inquietante considerando che nessuna delle altre videocamere registro qualcosa di strano, né nel Lobby né nei corridoi, ma in questa registrazione si vede come Elisa, più che terrorizzata, pare di essere assediata e pedinata per qualcosa che solo lei può vedere.
In poche parole, il corpo della signorina Lam è stato depositato(forse in vita, forse già morta) in un serbatoio d'acqua che solo può essere aperto con attrezzi speciali e alcune braccia forti, e nessuno nel Hotel né nelle decine di edifici circostanti che hanno vista al rooftop del Hotel Cecil ha visto qualcosa.
Le forze dell'ordine degli stati uniti hanno fatto di tutto per cercare di risolvere il caso ma sono riusciti ad arrivare ad una conclusione, alla fine il caso è stato chiuso, e per quanto starno sia stato, fu catalogato come un incidente, suicidio dicono alcuni. Ma il corpo non presentava traccie d'uso di sostanze stupefacenti, né il suo registro medico indizi d'instabilità mentale.
C'è qualcosa riguardo al istoriale del Hotel Cecil che invece di rendere tutto più chiaro e meno inquietanti, lo rende più preoccupante, ed è che negli anni 80 nell'hotel abitava il serial killer Richard Ramírez, soprannominato The Night Stalker, conosciuto per sfigurare le sue vittime a furia di pugnalate. E negli anni 90 ospitava un'altro serial Killer, Jack Unterweger, sanguinario assassino di prostitute.
Ma lo strano non finisce qui, il Cecil Hotel non solo ospito per un lungo periodo a due Serial Killer assai conosciuti ma anche, fin da prima di questi successi era già noto per l'alta percentuale di suicidi che saltavano dalle finestre dei piani superiori, una volta una donna buttandosi da uno dei piani più alti si porto con sé un transeunte che passava tranquillamente.
Pare accogliente, non pensi?

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Lord_Tobi’s Video 129225755070 3TjVBpyTeZMLord_Tobi’s Video 129225755070 3TjVBpyTeZM

L'ho fatto per amore.

Lord_Tobi’s Profile PhotoAre you afraid of the dark?
La prima volta che ci siamo conosciuti, a quella festa, sapevo che fra noi ci sarebbe stato del feeling…
La ho amata sin dalla prima volta.
Ci siamo frequentati per un po' e dopo qualche tempo ci siamo detti “ti amo”. All'inizio aveva paura di me, del mio modo, e lo capisco, posso essere "difficile".
Ero un po' geloso di ogni uomo che la guardava e faceva commenti troppo espliciti sul suo seno, sulle sue allettanti labbra e le sue pericolose curve... La sua eleganza e sensualità, su quel corpo che mi apparteneva e adoro...
Sapete che le sue amiche parlavano male di me, dicevano che ero schizofrenico, esageratamente geloso e pure violento, bah... Solo perché qualche volta mi è volato qualche ceffone verso di lei? Ma questo è l'amore!
Arrivato al culmine, le ho proibito di vederle. Doveva uscire solo con me, perché è la cosa a cui tengo di più! Ero così geloso che le ho proibito d'uscire da sola. All'inizio si arrabbiava, ma, sapendo che lo facevo per il suo bene, ha accettato. Mi capiva.
Ha accettato tutto il male che le ho fatto. Stava morendo dentro per me, perché ha bisogno di me come io ho bisogno di lei. Ma un giorno mi ha disubbidito, Perché?Andava tutto così bene!
Era scappata a casa di una amica che mi sta sul cazzo, ma veramente!!!
La ho scoperto, per puro caso, tornando da lavoro. La casa della sua amica è proprio sulla strada.
Ma dovete capire.
Anche quando, arrabbiato come non mai, le ho dato uno schiaffo così forte da buttarla a terra, era amore.
Anche quando le ho detto "stronza" mentre piangeva, mi faceva male vederla così ma era amore.
Anche quando la ho trascinata in giardino per i capelli, era amore. Un po' violento, ma era amore.
Anche quando, le gonfiai il suo perfetto volto a furia di botte, fino a farle perdere i sensi, era amore.
E sì, anche quando stringevo il suo delicato collo, sotto gli occhi attoniti di quella puttana della sua amica, quello era puro amore.
Naturalmente, arrivò la polizia e un’ambulanza. Ma lei era già morta. Quanto dolore e soddisfazione ho provato. Io fui arrestato. La gente mi odiava, i media mi odiavano, la sua famiglia mi odiava, tutti mi odiavano. Ma, quello che ho fatto, l’ho fatto solo per amore, per proteggerla dagli orrori del mondo. Voi lo capite, vero?
Ora sono in una stanza bianca, con delle manette ai polsi. Non pare sia una carcere, è più comoda ma ti trattano peggio.
È così che l’amore trionfa?! Con questa sofferenza, che mi porterò per il resto dei miei giorni? Con questo sudicio posto in cui alloggerò per il resto della mia vita, assuefatto da tranquillanti e visitato da dottori, criminologi e psicologi di ogni sorta?
Come se fossero a capire...
Forse questo è il sacrificio che fanno le persone innamorate o il supplizio per chi non capisce il mio pensiero e concetto.
Ciò che faccio per amore.

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Le mie pillole.

Lord_Tobi’s Profile PhotoAre you afraid of the dark?
''Ero in città con gli amici, parlavamo, giocavamo, bevevamo.
Una bella serata insomma. Si fece tardi... Erano le 03:00 del mattino, cosi decidemmo tutti
di andare a casa. Durante la via di ritorno, incontrai un uomo incappucciato che si avvicino per offrirmi delle pillole. Diceva che era della roba molto buona, di qualità ma che, come era merce nuova e poco conosciuta aveva solo intenzione di "promozionarla", così mi diede una bustina senza nemmeno chiedermi un soldo. Lo so, è strano ma non mi ha chiesto nulla quindi perché rifiutare?
Ad ogni modo, andai a casa, mi feci una bella doccia calda e infine mi buttai sul letto.
Prima di andare a dormire decisi di provare queste pillole. E cavolo, quel tizio aveva ragione. Era davvero roba buona... Credo.
Quando andai a dormire continuavo ad avere incubi: vedevo mostri, sangue, i miei migliori amici morti...
Era tutto un casino, era...
Decisi di andare all'ospedale quella sera stessa poiché non riuscivo a dormire e avevo un terribile male di testa. Una volta arrivato, decisi di andare in bagno a sciacquarmi la faccia... Ed eccole.
Per qualche strana ragione, le pillole al posto di trovarsi nella mia tasca, erano li in bagno.
Sembra che si siano teletrasportate. La tentazione comunque era troppo forte... Non riuscii a resistere cosi ne presi un altro paio. Ad un certo punto persi i sensi e caddi.
Quando riaprii gli occhi mi ritrovai in un posto strano.
Era in bianco e nero. C'erano delle celle con dentro imprigionate varie mostruosità.
Avevo paura... Molta paura. Ad un certo punto, sentii una voce dentro di me che parlava e mi diceva che mi trovavo nella mia mente e l'unico modo per uscire da lì, era quello di superare la mia paura e infine sconfiggere me stesso...
Anche se non avevo capito di preciso cosa significasse l'ultima frase, vagai in vari posti oscuri, tutti frutti della mia scura e macabra immaginazione.
Alla fine, mi ritrovai faccia a faccia con "me stesso". Costui però anche se era me, era diverso. Non so spiegarlo.
Lui prese un'ascia ed iniziò ad attaccarmi senza motivo Per fortuna trovai un fucile a pompa che usai per abbattere l'altro me ma c'erano altri, sbucavano dal nulla... Una volta uccisi tutti i miei inquietanti cloni, si illuminò tutto di bianco e finalmente uscii dalla mia mente. Pensavo che il peggio fosse passato, ma mi sbagliavo.
Quando riaprii gli occhi, mi trovai in un'abitazione. Non avevo idea di come ci fossi finito ma... C'era un lungo corridoio pieno di cadaveri. Sentii delle sirene, mi affacciai alla finestra e vidi decine di poliziotti. Mi portarono in carcere. Mi avevano incolpato per omicidio. Spiegai ai poliziotti tutto quello che mi era successo ma non mi credettero. Ormai la mia vita era rovinata.
Sono in una cella fredda e desolata, mi hanno tolto le mie pillole ma, continuo ad avere questi incubi. Basta! Non ce la faccio più!!!
Aspetta... C'è una pillola a terra. Come è che arrivata qui?

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Non capisco,saresti un profilo anonimo misterioso e un po' vago o un profilo dove trascrivi creepypasta? Tanta stima comunque,e buon cammino all'interno di questo fantastico social,colmo di foto piedini e fiore69.

Diciamo che sono un profilo anonimo misterioso che spesso trascrive storie.
Amo l'horror quindi di storie ne ho lette tante, alcune le scrivo, ma finora non ho postato nessuna delle migliori né cose che sicuramente riescono ad essere "inquietanti", e potrei farlo ma per ora è meglio questo livello.
La maggior parte sono storie che ho letto precedentemente su Internet, ho visto in alcuni film, quasi tutti li modifico per farli più scorrevoli e sistemare alcuni errori. Anche se delle volte preferisco lasciarli tali e come sono.
Ultimamente non ne ho scritte di storie proprie, non ho tempo né testa per scrivere in questo periodo ma leggere è qualcosa che non mi annoia mai.
Mi piace questo come svago, mi rilassa, e mi diverte pure in certo senso, è diverso a quello che faccio solitamente quindi, va bene per il momento.

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Il sottoscala. Parte 1/4

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Dalla registrazione del dottor Nelson Hackbart, psichiatra del Saint Lazarus Psychiatric Center di Baltimora.
Dottor Hackbart: «Angela, vorrei che mi raccontassi di nuovo quel che è successo in quella casa. Sì, lo so: è una richiesta che ti ho fatto più volte, ma sono convinto che più parli di questa cosa e più ti sentirai bene, in futuro.»
Angela Morris: «Non mi sentirò mai bene. Mai più. Non c’è un futuro, per me. Non dopo quel che ho visto.» [singhiozzo] «Dio, cosa ho visto…»
DH: «Non voglio obbligarti a parlarne ancora, se non te la senti, Angela. Ma sarebbe importante per il tuo percorso di guarigione. Mi pare che ci siano ancora molti punti da chiarire, da definire.»
AM: «Lei non mi crede, dottore. Lei vuole solo sapere fino a che punto io sia pazza, e mi creda, a me sta bene, sì, sta bene così… perché io stessa credo di esserlo, e come sarebbe possibile il contrario, dopo quel che mi è accaduto? Sarei morta, se non fossi impazzita.» [risatina isterica] «Non avremmo mai dovuto trasferirci, questa è la verità. Non di nuovo. Non lì.»
DH: «Dove vi siete trasferiti, Angela?»
AM: [sospiro] «Lo sa bene. Al 1564 di Pitt Lane, Baltimora. Era una casa normale, sa, come se ne vedono tante. Non ha dato nessuna brutta impressione né a me né a Steve, mio marito. Non l’avremmo acquistata, sennò. Non ci avremmo mai portato i nostri figli…» [scoppia a piangere]
Continuazione, un’ora dopo.
DH: «Ti senti meglio, Angela?»
AM: «Non mi sentirò mai meglio, lo sa. Grazie per il tè.»
DH: «Ma prego. Te la senti di continuare? Perché cambiaste casa?»
AM: «Volevamo più spazio. Con tre figli, c’era bisogno di un ambiente più ampio e quella casa sembrava un ottimo affare, in una buona posizione, non distante dalla scuola elementare e soprattutto non distante da dove abitavamo prima, quindi Emily poteva ancora andare dai suoi amici… oh Signore, la mia Emily, la mia bambina…» [piange]
DH: «Descrivimi la casa, Angela.»
AM: «Una casa qualunque, su due piani. Una soffitta, un bel salotto, due bagni, una stanza per gli ospiti che sarebbe stata perfetta per il piccolo Josh. Spaziosa ma non esagerata. C’era un seminterrato e credo che sia stato questo a far innamorare Steve di quella casa… sa, lui avrebbe voluto ricavarci la stanza di bisboccia…»
DH: «Come, prego?»
AM: [sorride] «Una stanza dove giocare a biliardo e freccette con i suoi colleghi di lavoro. Cose di cui voi uomini andate pazzi…»
DH: «E il sottoscala? Era lì, nel seminterrato?»
AM: [silenzio]

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Il sottoscala. Parte 2/4

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DH: «Angela? Era lì, il sottoscala?»
AM: «Era …era lì… Dio mio …basta, la prego. Non posso, non ci riesco… Oddio, oddio, perché a noi?»
Continuazione, il giorno dopo.
DH: «Come stai oggi, Angela? Ti va di continuare la nostra chiacchierata?»
AM: «No, ma lei continuerà a chiedermelo, dottore. Quindi, tanto vale che mi faccia forza e le racconti ancora dall’inizio.»
DH: «Se te la senti, naturalmente…»
AM: «Ci trasferimmo in aprile. Subito andò tutto bene. Io mi occupavo del giardino, piantavo fiori e appendevo mangiatoie per gli uccelli ai rami delle betulle. Emily, Greta e Josh adoravano la casa. Sa, prima abitavamo in un appartamento, era come vivere in gabbia, con tutto lo stress che ne consegue, ma adesso avevamo un giardino tutto nostro e subito Emily chiese di poter tenere un cane… glielo avremmo regalato per il compleanno…» [piange]
DH: «Quando successero i primi avvenimenti?»
AM: «Un mese dopo, forse qualcosa di più. Steve aveva ricevuto una promozione sul lavoro: era nel settore informatico, non le nego che non ho mai capito realmente cosa facesse, ma quella promozione gli fruttò parecchio e pertanto riuscì a coronare il suo sogno. Fece del seminterrato la sua camera di bisboccia. Ovviamente, quando non era occupata da mio marito e dai suoi colleghi, ci andavano a giocare i bambini. Non li avrei fatti mai scendere lì sotto se non fosse stato sicuro! Io sono una buona madre! Era sicuro, le dico! Non avrei… Come potevo solo pensare che…?» [respiri affannosi]
DH: «Ma certo, Angela, ma certo: tu sei un’ottima madre. Volevi bene ai tuoi bambini. E quello era un posto sicuro, no? Una graziosa sala giochi.»
AM: «Sì, sì, dottore, esatto. Ma c’era… c’era quel sottoscala! Ci si entrava tramite una porticina vecchia di legno verde che stava chiusa grazie a un chiavistello. La vernice era tutta scrostata e Dio solo sa quante volte dissi a Steve di riverniciarla, ma lui non lo faceva: diceva che era un tocco rustico, che gli piaceva così. Poi smisi di chiederglielo: era la sua stanza, dopotutto, no? E quello era solo un sottoscala. O meglio, credevamo lo fosse… Signore, aiutami…»
DH: «Cosa c’era all'interno?»
AM: «Nulla. Era vuoto. Ma era… era strano perché…» [ansima e sospira] «Non lo so, non dava l’idea di essere un vano dove riporre la roba inutile, ma più una specie di cella. Dio solo sa perché, ma fu quella la sensazione che ebbi quando lo andai a pulire. Un senso di oppressione. Avevo l’assurda paura che la porta si chiudesse all’improvviso intrappolandomi lì dentro. E poi… quell’odore…»
DH: «Odore?»
AM: «Odore di marcio, di abbandono, di… Non so come altro definirlo!»
DH: «Cosa successe dopo?»
AH: «Greta fu la prima a vederlo»
DH: «A vedere…?»
AM: «Sì, lui. Ombra»
DH: «Parlami di lui, Angela»

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Il sottoscala. Parte 3/4

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AM: «Gliel’ho già detto, dottor Hackbart! All’inizio sia Steve che io non ci facemmo caso, Greta inventava amici immaginari di continuo, e pensavamo che Ombra fosse uno di loro, sa, per far fronte al trasloco… Poi però iniziarono quegli scarabocchi sul muro, quegli orrendi disegni osceni… Steve diceva che era stata Greta, ma come può una bambina di sei anni disegnare cose così orribili? E poi, Greta ha sempre negato di essere stata lei. Diceva che Ombra prendeva i suoi pastelli di notte. E infatti i pastelli erano spariti! Li cercammo a lungo e li trovammo nel sottoscala; ma il chiavistello era chiuso e Greta non poteva arrivarvi!»
DH: «Cosa diceva di Ombra?»
AM: «Diceva che era un bambino. Diceva che la nonna di Ombra abitava con lui in casa nostra ma tanto, tanto tempo fa quando “c’erano le candele”, così diceva. Spiegò che la nonna di Ombra era cattiva con lui e che lo obbligava a stare chiuso lì e pregare.»
DH: «Greta le disse questo?»
AM: «Sì.»
DH: «Come parlava con Ombra?»
AM: «Ci parlava e basta.»
DH: «Quando peggiorarono le cose?»
AM: «Subito dopo la questione degli scarabocchi Steve sgridò Greta, anche se io ero convinta che non potesse essere stata lei… Naturalmente non credevo… Insomma, chi potrebbe immaginare che…? Poi, iniziarono i rumori.»
DH: «Rumori all’interno della casa?»
AM: «Esatto, sì… Nel cuore della notte i bambini si svegliavano terrorizzati, dicevano che c’era qualcosa che si lamentava nel seminterrato, che dava dei colpi e gridava di farlo uscire. Andò avanti per settimane, ormai si rifiutavano di dormire nei loro letti»
DH: «Tu e tuo marito li avete mai uditi?»
AM: «Una notte lasciai un registratore acceso nel seminterrato e al mattino… Signore mio…» [piange]
DH: «Riuscisti a sentire qualcosa?»
AM: «Subito niente, ma poi …dei rumori dietro la porta del sottoscala, come se qualcuno da dentro provasse ad aprirla, a graffiarla, e infine la prendesse a pugni e poi… e poi… quei singhiozzi… e una voce infantile che diceva:
“Ti prego, fammi uscire, farò il bravo!”»
DH: «La facesti ascoltare a tuo marito?»
AM: «Ne fu molto turbato anche lui»
DH: «Possiedi ancora questa registrazione, Angela?»
AM: «Lo sa bene che andò perduta! La cassetta svanì nel nulla pochi giorni dopo, come moltissime altre cose, in quella casa: non trovammo più chiavi, cellulari, accendini, persino il frullatore svanì. Alcuni oggetti ricomparivano nel seminterrato, dentro il sottoscala… Sopra, c’erano impronte di piccole mani. Impronte di un bambino. Altri oggetti non li trovammo mai più.»
DH: «Successe altro?»
AM: «Ormai era un incubo: anche alzarsi per andare in bagno la notte era una tragedia. Ci sentivamo spiati. A volte i rubinetti si aprivano da soli, oppure sentivamo dei passi alle nostre spalle… Era tremendo, dottore, davvero… ma molto più per i bambini, perché Ombra cominciò a far loro dei dispetti sempre più cattivi. Greta disse di averlo visto in un angolo della sua stanza che la fissava.»

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Il sottoscala. Parte 4/4

Lord_Tobi’s Profile PhotoAre you afraid of the dark?
DH: «Come era fatto?»
AM: «Disse che era come se il buio fosse più denso e che in quel buio vedeva un volto pallido, simile a quello di una bambola, con gli occhi neri. Lo sentiva lamentarsi e respirare.»
DH: «Lo vide anche Josh?»
AM: «Josh, che se lo ritrovò di fronte alla porta del bagno una mattina, si spaventò tanto da perdere i sensi, cadere e battere la testa sul bordo della vasca.»
DH: «Tu lo vedesti mai?»
AM: «No… ma una volta, mentre ero nel seminterrato, mi arrivò una zaffata di cattivo odore, tipo di feci o urina, e notai che la porta del sottoscala era socchiusa… ma, dottore, le giuro su Dio che nessuno la apriva mai!»
DH: «Te la senti di parlami di Emily?»
AM: «No, la prego…»
DH: «Come vuoi, Angela.»
Continuazione, la sera.
DH: «La paziente Angela Morris, di solito collaborativa e mansueta, questa notte ha manifestato comportamenti violenti in seguito a un incubo, probabilmente suscitato dal suo rievocare la tragica storia che la coinvolge. Sto per tenere un altro colloquio con lei. Nota personale, la paziente è ancora sotto sedativi che potrebbero falsare le sue risposte.»
[entra nella stanza] «Angela, come stai? Ho saputo che hai avuto dei brutti sogni, come all’inizio»
AM: «Emily… la mia bambina…» [piange]
DH: «Hai sognato Emily?»
AM: [annuisce]
DH: «Vuoi parlare di lei, Angela? Di Emily?»
AM: «Stava diventando violento, sempre di più… Le porte sbattevano durante la notte. Urlava dal sottoscala, voleva uscire. Era arrabbiato e voleva fare agli altri quel che era stato fatto a lui…»
DH: «Parli di Ombra? Il… bambino nel sottoscala?»
AM: «Da diverse notti dormivamo tutti insieme nella stanza mia e di Steve. Avevamo paura, tanta paura… C’era… ricordo che c’era un temporale molto forte quella sera e la luce andò via verso le otto e mezza, così andammo tutti in camera per dormire. Tuonava e la pioggia batteva sui vetri. Era stato un giorno quieto, sì, molto più del solito. Riuscimmo a prendere sonno e poi… e poi…» [parole indecifrabili, singhiozzi]
DH: «Che successe, Angela? Cosa successe a Emily quella notte?»

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Il sottoscala. Finale.

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AM: [piange e ansima] «Fui io a udire i tonfi… Subito pensavo di sognare …mi svegliai e udii quel martellare che veniva dal seminterrato e ho pensato che fosse ancora lui, ma poi… sentii le urla… erano di Emily… C’era lei chiusa nel sottoscala! Io balzai dal letto e corsi fuori dalla stanza e urlai il nome di mia figlia mentre correvo giù per le scale e… e…» [pianti e singhiozzi] «…la porta era chiusa e quando provai ad aprirla non ci riuscii… Chiamavo Steve, mi sembrava di impazzire e Emily da dentro che batteva i pugni e strillava:
“Vattene via, non mi toccare!” …e quell’altra voce che rideva… oh, Dio del cielo, c’era qualcuno lì dentro con lei, nel buio… e io ero lì, ma non potevo fare nulla… ero lì… Sono una brava madre! Se avessi saputo non avrei comprato la casa! Non l'avrei comprata!»
DH: «Angela ora cal-…»
[urla, rumori di lotta, imprecazioni, suono di sedia che si rovescia]
DH: «Tenetela… tenetela ferma… Le faccio l’iniezione…»
AM: «LA MIA BAMBINA! HA UCCISO LA MIA BAMBINA!»
Registrazioni del Dottor Nelson Hackbart, note conclusive:
DH: «La paziente Angela Morris è tutt’oggi persuasa, dopo un anno e due mesi dal suo ricovero, che una forza sovrannaturale, chiamata Ombra, abbia ucciso sua figlia Emily strangolandola.
Sebbene ciò sia contro la mia etica professionale, ho svolto alcune indagini private sull’abitazione dei Morris, sfitta dal giorno dell’incidente.
Ne è emerso che nel 1899 un’anziana donna che abitava in quella casa abbia ucciso il nipotino decenne in preda a una sorta di delirio religioso, chiudendo il corpo senza vita nel sottoscala.
L’altro giorno ho trovato un nastro davanti alla porta del mio studio; credo di sapere da dove provenga e cosa contenga, ma non lo ascolterò.
Se lo facessi, troverei posto in una delle stanze dell’istituto che dirigo.
Da questo momento in avanti interromperò ogni contatto con Angela Morris e con il suo caso clinico.»

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Ma vivi in Ecuador?

No.
Né in Svizzera.
Né in New York.
Né in Brasil.
Né in Croazia.
Né in Cile.
Né in Miami.
Né in Germania.
Né in Inghilterra.
Né in California.
Né in Colombia.
9 meno, avete ancora altri 191 tentativi approssimativamente. Anche se è probabile che quando indovinerete il posto dove mi trovo ora, io sia già da un'altra parte.
Anche se ci sono stato in alcuni dei posti che avete citato e forse in futuro visiterò anche gli altri.

La piccola Katy e il tempo. Parte 1/3

Lord_Tobi’s Profile PhotoAre you afraid of the dark?
La piccola Katy sapeva che il tempo era qualcosa di importante, sapeva che non sarebbe stata piccola per sempre. Il papà della Katy era un orologiaio e le aveva insegnato a fondo quanto fosse fondamentale la tempistica, le aveva insegnato che non c’era nemico peggiore delle indomabili lancette alle quali la loro vita era legata con un filo sottilissimo ma indistruttibile, era ineluttabile. Il papà della piccola Katy, infatti, conosceva bene la morte, poiché tempo fa sua moglie era mancata in un triste incidente, incastrata tra gli ingranaggi della torre dell’orologio del paesino in cui abitavano. Che tragedia! Katy però si era abituata a vivere senza la dolce mamma e sempre più aveva la consapevolezza che ben presto avrebbe preso il suo posto con un altro papà, sarebbe invecchiata e ci sarebbe stata un’altra piccola Katy. Che orrore! Pensava. Lei voleva essere piccola per sempre!
Un giorno Katy venne a sapere di un triste fatto: la nonnina era in fin di vita, la vecchiaia se l’era già mangiata tutta e aveva lasciato alla Morte le sue ultime ore perché l’accompagnasse dove doveva. Ancora un’altra grande tragedia gravava sulle spalle della piccola Katy, che amava tanto la sua nonnina! Il padre l'accompagnò a casa della vecchietta e qui la piccola pianse come non mai sul giaciglio di morte della sua nonnina. “Non andare! Non andare!” Gridava la piccola. Il padre era tanto afflitto nel sentire sua figlia urlare così tanto. “Resta piccola con me, resta piccola con me!” La supplicava ancora. Il cuore dell’anziano orologiaio si straziava ad ogni urlo della piccola Katy e allora decise che in qualche modo doveva porre fine a tutte quelle lacrime. Il padre, avendo lavorato per tanti anni da sembrare secoli a braccetto col tempo, un paio di trucchetti li aveva imparati, così, certo di rendere felice la sua dolce fanciulla, pregò il dottore di riaccompagnarla a casa e di lasciarlo lì assieme alla sua vecchia madre in attesa che questa si spegnesse del tutto.
La piccola Katy tornò a casa assieme al dottore con gli occhi tanto grandi e tanto gonfi! Povera, lei sì che avrebbe desiderato rimanere piccola per sempre: al diavolo il tempo, al diavolo la Morte! Rimase arrotolata nella sua coperta quella notte a disperarsi e disperarsi ancora. “La mia nonnina! La mia povera nonnina!” Gridava in mezzo ai lamenti e i pianti. La torre dell’orologio, ancora macchiata della morte della mamma, rintoccò la mezzanotte e Katy ancora non dormiva. Col sorgere dell’alba altro tempo era trascorso nella clessidra della vita della Piccola.

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La piccola Katy e il tempo. Parte 2/3

Lord_Tobi’s Profile PhotoAre you afraid of the dark?
La piccola Katy era così furiosa con quei granelli di sabbia che mai si fermavano e mai si fermavano! Corse a casa della nonna sperando in bene che il tempo l’avesse risparmiata e che la Morte fosse ancora lontana, ma la trovò ancora lì, nel vialetto, con la sua falce e la sua aria cupa. Guardava l’orologio sul suo esile e magro polso battendo impaziente il piede a terra. “Che succede mia tetra signora?” Domandò Katy con qualche timore. Non avrebbe mai saputo quanto tempo le fosse rimasto quindi ovviamente aveva paura della rispettabile signora Morte, ma di certo il suo destino le lasciava ancora chissà quanti giri di lancette e allora, col massimo rispetto, si permetteva di dialogare con la dama dalla tunica nera. “Succede che qualche furbastro si è deciso a farmi aspettare qua fuori! Ecco che succede! Ma sai che ti dico? Io me ne vado, ecco cosa faccio!” Sbottò allora la tetra signora. La piccola Katy era così gioiosa! Chissà cos’aveva fatto papà? Ma con quale gaudio voleva festeggiare: l’aveva salvata! L’aveva salvata! La piccola entrò allora nella stanza del soggiorno. Il papà sedeva sul divano a fianco al caminetto mentre la nonna stava proprio davanti al fuoco, seduta sulla sua comoda poltrona che impediva a Katy di vedere il bel volto appena guarito.
Papà, titubante, guardava il vecchio corpo di un cipollotto senza quadrante, finché si accorse che la piccola Katy era finalmente arrivata. “Piccola mia! Piccola mia!” Gridò allora entusiasta il padre. “La nonna non muore, la nonna non morirà mai!” Ingranaggi, molle, pezzi di vetro, lancette e orologi: sul pavimento era sparsa ogni piccola diavoleria in gran disordine sporca di ruggine rossa e scura come il sangue. “Piccola mia! Piccola mia!” “L’ho cacciata via quella vecchia con la falce! La caccerò per sempre!” Un po’ sorpresa Katy sfoggiò un sorriso per sembrare gentile, ma a dire il vero era un po’ preoccupata. “Katy saluta la nonna!” La esortò allora il padre. “Vieni piccola Katy!” La accolse una voce gracchiante dalla poltrona. “Nonna, Nonnoletta mia!” Gridò Katy correndo all’impazzata verso il caminetto.
Il padre ruotò la poltrona affinché le due potessero di nuovo incontrarsi. Due lancette fissavano la piccola Katy, niente più pupille, solo lancette che giravano frenetiche alla ricerca di un’ora che fosse un po’ precisa. I quadranti di due cipollotti erano ora al posto degli occhi con carne rossa rossa, vene e pezzi di pelle che facevano da cornice.

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La piccola Katy e il tempo. Parte 3/3

Lord_Tobi’s Profile PhotoAre you afraid of the dark?
La faccia imbrattata di lacrime rosse e dense che scivolavano giù dalle lancette ed un sorriso così largo e così innaturale accoglievano la piccola Katy con sangue che zampillava dalle vene degli occhi come acqua da una fontana. Il petto della nonnina era squarciato a metà e tra le ossa spaccate in tanti frammenti si vedeva un cuore scalpitante e pieno di energia in cui erano incastrati tanti ingranaggi che giravano all'impazzata e molle che si comprimevano e si distendevano. “Non è bella la tua nonna? Non è bella la tua nonna?” Diceva papà ripetendosi come un disco rotto. “Non può più muoversi, ma può parlarti e sentirti e non morirà mai! L’abbiamo gabbata quella vecchia morte, l’abbiamo gabbata!”
Katy piangeva frenetica ricoperta dal sangue della nonnina che inondava la stanza. Sentiva le risate della nonna e del padre che si univano in un coro di felice armonia. “Non si muore più! Non si muore più!” Canticchiavano insieme, mentre la piccola si dondolava in un angolo tra gli ingranaggi e le ruote dentellate. “E tu piccola Katy! Perché fai così? Su non piangere! Rimarrai piccola anche tu, non ti preoccupare!” Urlò allora il padre euforico, estraendo dalla tasca del grembiule da lavoro un paio di bellissimi cipollotti scintillanti. Stringeva quei due cipollotti tra le mani mostrandoli con orgoglio alla piccola Katy. “Guarda che belli questi quadranti: piccoli piccoli, ci staranno benissimo nelle orbite della piccola piccola Katy! Sono tali quali quelli che ho regalato alla tua mamma, pensa un po’!”
La piccola Katy corse verso la porta, ma non fece in tempo a scappare che due grosse e precise mani da orologiaio la fermarono e la fecero sedere su una poltrona di velluto rosso immobilizzandola. Le grida di dolore non servirono a chiamare la morte affinché ci fosse finalmente la pace per la piccola Katy, poiché la morte da allora in avanti non sarebbe venuta mai.
Nel minuscolo paesello si dice ancora di non uscire la notte, poiché proprio quando la luna brilla sulla punta del campanile, si possono riconoscere tre figure femminili sedute sul bordo della strada, a fianco alla torre. Una piccola, una giovane e una vecchia che sorridono coi loro denti scintillanti e i loro sorrisi innaturali che illuminano la notte e i quadranti al posto degli occhi con le lancette che girano e girano all'impazzata. Si dice anche che la più piccola delle tre, nonostante il suo corpicino squarciato in due proprio sul petto, non rimanga immobile e silente tra le ombre della torre, ma si avvicini ai passanti sorridendo, stringendo due cipollotti tra le mani e mostrandoli con orgoglio.

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La piccola Katy e il tempo Parte 33

Buongiorno, non riesco a dormire e sono le 4:21. Parliamo di film. Vorrei che mi diceste il vostro film preferito, quello che vi piace di meno, il genere che di solito preferite e il genere che non sopportate. Spiegatemi anche le motivazioni.Potete rigirare se volete. Un bacio a tutti ( ˘ ³˘)❤-??

Kikyo_Izayoi’s Profile Photo• Runya_Deamoore•
Non c'è genere che non sopporti, dipende dal film in sé.
Può essere horror, drammatico, action, commedia, animato, qualsiasi mentre la trama sia travolgente.
Prediligo l'horror e il suspense, amo se sono insieme, ma ultimamente è difficile trovare film che ne valga la pena. Hanno sempre la stessa trama e cliché, è praticamente solo sangue, screamers e un bel costume (Cosa che funzione se hai 9/10 anni), ma non penso sia colpa di chi crea la trama perché ormai, lo capisco, ci sono centinaia di film per ogni genere quindi è normale che oggigiorno le idee siano scarse, per non dire che è quasi impossibile creare una trama 100% originale e senza cliché, ma non è nemmeno una scusa perché si può ben prendere tratti di altri film e risultare comunque interessanti, si può ben usare un tema stuprato fino alla noia e comunque, se maneggiato con intelligenza, creare un film bellissimo qualsiasi sia il genere. Tipo di Lat of us, che anche se è un videogioco, ha preso uno dei temi più usati al mondo, e comunque hanno creato qualcosa di inaspettato, ha saputo giocare con quello che aveva.
Per fare un bel film non c'è bisogno di gran budget né di effetti incredibile. Lo più importante è la storia e la recitazione. Ricordate Saw, il primo, ciò che ha iniziato tutto e fatto boom, era un film di low-buget e stato filmato in solo 18 giorni e comunque hanno fatto qualcosa d'apprezzabile, parlo solo dei primi due film perché dopo di quelli è solo merda 3, merda 4, merda 5 e così via. I primi due avevano quella essenza di insegnare qualcosa e non di esagerare con il sangue ma con il suspense, dimostrare il valore della vita e la vera faccia delle persone quando realizzano di poter perderla, non sapevi cosa poteva accadere... Ma dopo è diventato solo Splatter senza senso.

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Un giorno normale.

Lord_Tobi’s Profile PhotoAre you afraid of the dark?
Io la amavo, non potevo farci nulla. A lei invece non importava niente.
Eravamo stati insieme un anno, io ero molto innamorato e lei mi aveva lasciato per un altro. Il suo nuovo ragazzo è un giocatore di rugby, è ricco, e di sicuro è molto più intelligente di me. Effettivamente non è che io sia un granché : un diciassettenne tossico che passa le serate a sballarsi in compagnia.
La nostra storia era un continuo litigare e lei si era stufata di me. Diceva che una "ragazza di classe" come lei si meritava di meglio, un laureato, un colto, un ricco, non un povero sbandato come me. Il suo nuovo ragazzo la tradisce, e lei finge di non saperlo.
Io non l'ho mai tradita. Io non l'ho mai trattata male. Il mio unico problema? Non essere nessuno. T’innamori così tanto di una ragazza e lei ti strappa il cuore come nulla fosse. Intanto si re-fidanza subito e continua la sua vita felicemente. Ti ruba gli amici, invitandoli sempre a uscire con lei, studia, si diverte e sicuramente avrà un futuro.
E tu? Rimani solo con la droga, con i problemi, con le lacrime, con la rabbia. I tuoi "amici" ne parlano sempre: è simpatica, intelligente, bella, e quando c'è lei, sembra che a nessuno interessi più di te. Lei ride sempre, ma quella risata che prima ti rallegrava, ora fa crescere follia e disperazione dentro di te. Lei frequenta una scuola diversa, è in classe con una tua cara amica, che per colpa sua pian piano si allontana da te.
Loro pensano che mi sia passata. In effetti non hanno torto: rimango un tossico, ma me ne sono fatto una ragione.
Oggi è un giorno normale. Sono andato alla sua scuola, dove prima andavo sempre a prenderla. Sono entrato. Ho sempre amato quell'edificio. Oggi è un giorno normale. Intorno a me c'è tanto sangue, tanti giacciono al suolo. Accanto a me le budella del suo ragazzo. Poco distante, il cranio della mia ormai ex-ragazza, esploso in tanti pezzi. Oggi è un giorno normale. Vedo dei volti. I volti dei miei amici. Ma questa volta non ridono. No, stavolta rido io. Oggi è un giorno normale. Ormai lei non c'è più né nella mia testa, né nel mio cuore, né in quella classe. Tutti mi odiano e urlano, augurandomi una morte lenta. Morire è troppo semplice ed è una punizione troppo poco dolorosa. Ora tutti mi odiano. Ma io sto in slenzio. Non m’importa. Lei mi ha spezzato il cuore, io le ho spaccato la testa. Non vedo il problema. Mi ha fatto sentire un verme. Ora anche lei si sente così, siamo pari. Oggi è un giorno normale. Come tutti i giorni in cui lei non c'era. Oggi è un giorno normale.
Oggi è un giorno normale.
Oggi è un giorno normale.
Oggi è un giorno normale.
Mi punto la pistola alla tempia.
Bacio quel poco che resta del suo viso. Il viso che ho tanto amato e tanto pianto.
Premo il grilletto.
Oggi non è un giorno normale.

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Tobi, hai mai avuto paura di qualcosa?

Paura? Sì, e adoro provarla.
Sono da solo, sto guardando un film horror mentre aspetto un'amica per uscire, mi chiedo cosa farei se a per un momento intravedo qualcuno che è giù in palestra nelle telecamere. Quando vado a dormire, resto per un po' a guardarle con la malata speranza di non essere solo. Chi lo sa? forse i rumori son più reali da quanto penso.
Tobi hai mai avuto paura di qualcosa

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