@AmeliaMorgillo98

Madame Lunastorta.

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21 novembre.

"Tra poco è già Natale! Visto che freddo?" mi hai detto oggi.
E io ti ho detto che ci pensavo anche io questo pomeriggio.
E avrei voluto dirti quant'è triste ogni anno il Natale per me, e pensavo a quello di due anni fa, durante il quale - per la prima volta in vita mia - non mi sono sentita sola.
Per me il Natale non è mai stata una festa felice, anche durante i pranzi, le cene, le abbuffate insomma, mentre tutti ridono, io mi sento sempre triste.
A pezzi.
Con un pezzo mancante.
E forse è stato perché ho sempre desiderato che qualcuno amasse me e me soltanto. Solo che non succedeva mai.
Tutti ridevano e io non vedevo l'ora di andarmi a mettere sotto le coperte a piangere. Piango tutti gli anni a Natale, tutti gli anni. Ogni sera, per qualsiasi motivo, verso qualche lacrima.
E due anni fa non è stato così. Mi hai portato un libro, un libro che desideravo, e ho pensato che se qualcuno mi regalasse un libro che desideravo è perché in fondo mi amava.
E invece no, solitamente cerchiamo di regalare a qualcuno quello di cui ha bisogno.
Ti volevo dire che ho pensato allo scorso Natale, vicino al camino di casa mia, io che mi attacco al fuoco e tu che ti appoggiavi a me e io ti stringevo.
Mi si è stretto un nodo alla gola.
Sarà un giorno ancora più triste quest'anno, perché piangerò ma stavolta saprò dov'è il mio pezzo mancante. E non sarà vicino a me, purtroppo.
Volevo dirti che vorrei passare il Natale con te, anche se la trovo una festa che ha perso il proprio valore, e che vorrei passare con te tutti Natali della mia vita.
Perché tu rendi tutto meno triste.

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20 novembre

Te lo chiedo dai.
Immagina d'avermi amato. D'avermi amato tanto. Di aver stretto le mie mani fredde in una mattina nevosa di dicembre. Immagina d'avermi visto piangere per un film scemo, di avermi preso in giro perché sono troppo romantica. Immagina d'aver visto i miei occhi pieni d'amore. Immagina di aver sentito i miei progetti sul futuro. Progetti che diventavano i tuoi. Che diventavano i nostri. Ti prego, immaginalo. Immagina di nuovo quelle mani e un anello tra le dita, una promessa. Immagina una casa vuota da arredare con la mente perché i soldi non ci sono. E immagina una macchina in cui ascoltare la musica, la nostra musica, e cantare a squarciagola. Immagina il mio corpo nudo. Quel corpo di cui mi vergognavo tanto. E immagina la tua pelle che diventa una mappa. Che diventa satellite. I tuoi nei come stelle. La tua barba ruvida sulle mie guance morbide. Immagina le cose che ci siamo urlati. Immagina anche quelle che ci siamo detti all'orecchio perché ad alta voce non si può. Non si può proprio.
Ecco, ora te lo posso chiedere dai.
Com'è senza di me?
Perché mi domandavo questo. E non sapevo darmi una risposta.
Perché io lo so com'è senza di te.
Senza di te è come quando da piccola mi cadevano le matite colorate. Tutti mi dicevano "Non farle cadere, poi si rompono" e allora ogni volta mi saliva l'ansia quando finivano a terra rotolando giù dal tavolo. Poi le raccoglievo e non capivo: non si rompevano mai. Perché allora dovevo stare attenta? Di tanto in tanto però la punta delle mie matite non reggeva. S'arrendeva ancora prima di toccare il foglio, rotolando in quella distesa di bianco. Allora temperavo, che problema c'era? Potevo sempre temperare. Ma si rompeva ancora. Così me lo spiegarono: era la mina, era il dentro della matita a rompersi ad ogni caduta.
Ecco, io lo so com'è senza di te. Io vivo, respiro, mangio, rido, corro e salto ancora senza di te.
Il problema è quando mi sento spezzata dentro. Il problema è quando arrivo a quel punto li: quello in cui la mina si rompe.
E vivo, respiro, mangio, rido corro e salto ancora senza di te.
Però mi sento spezzata.
Quindi te lo chiedo dai: ti senti mai rotto dentro?
Hai mai temperato così tanto da arrivare alla fine e non avere più niente? Che si è spezzato tutto, tutto quanto. E tu non lo sapevi.
Non lo sapevi.
Te lo chiedo: com'è senza di me?
Com'è?

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