ℐames.

saltare addosso a un bellimbusto e James sarebbe stata la preda perfetta. ‹ Astronomia, dici? Beh, è fantastico! Io adoro guardare il cielo, soprattutto di notte. › mi fermai lì, non andai avanti con il concetto, sebbene avessi voluto aggiungere che amavo guardare il cielo di notte per verificare se ci fossero delle presenze aliene, alle quali ero, più o meno, ossessionata; altrimenti non avrei aperto un club a proposito, che al momento contava zero partecipanti. Chissà se James credeva in queste creature o gli sarebbe sembrata una cosa stupida. ‹ Vuoi diventare un astronauta, quindi? › gli rivolsi un cenno di ringraziamento col capo prima di fare il mio ingresso nel locale.

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‹ Sarebbe stato difficile non indovinare. ›

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D'altra parte, io per primo essendo un abile osservatore avrei rammentato se la fanciulla fosse una mia collega di corso ed invece ero stato piuttosto sicuro di non aver mai avuto l'occasione di incrociarla; non prima di quel momento, almeno.
Evidentemente, almeno per quanto concerneva la vita collegiale avevamo interessi profondamente diversi fra loro poiché, anche solo il pensare di dover studiare un tomo di filosofia mi faceva accapponare la pelle. Non che fosse una materia terribile, anzi la reputavo piuttosto interessante ma non al punto da volerla approfondire più del necessario.

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‹ Piace anche a me osservarlo durante la notte. E sì, vorrei diventare un astronauta in modo tale da raggiungere la Luna e successivamente approdare su Marte. ›

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Le mie ambizioni le avevo chiare sin dalla prima volta in cui le mie iridi s'erano posate sulla volta celeste. Essendo un mago avrei anche potuto trovare un'escamotage, ma volevo fare le cose in grande e raggiungere un simile obbiettivo solo grazie alle mie forze da perfetto essere umano.
Così, una volta dentro il locale, non ci volle molto prima di individuare un tavolo su cui poi ci accomodammo.

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‹ Sai già cosa vuoi prendere? ›

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Comunque, quando l'altro rispose al mio quesito successivo, nonché il più importante, prestai la massima attenzione alle sue parole. Per quanto arrogante ed a tratti egoisti, quando si trattava di quella fanciulla io non riuscivo a mostrarmi in maniera differente; sebbene questo atteggiamento fosse giù stato frainteso più d'una volta.
Ad ogni modo, nell'udire che l'umore della strega era altalenante, mi sentii quasi sollevato. Certo, il sapere ch'ella non stesse sempre bene a causa del nostro diverbio non mi allietava di certo il cuore, ma ero felice che la sua famiglia l'avesse raggiunta in Russia; in special modo perché ero a conoscenza dell'importanza ch'ella vi attribuiva.
Per un attimo, mi sovvenne che quel ragazzo, protagonista delle di lei storie su Instagram, potesse essere un membro proprio di quella famiglia; poi, però, rammentai a me stesso che se così fosse stato l'avrei già conosciuto e per tale ragione decisi di seppellire un simile pensiero che era stato in grado perfino di regalarmi una morsa allo stomaco. Ovviamente, avrei potuto sfatare quel dubbio chiedendolo direttamente al Corvo ma un po' per orgoglio personale, un po' per timore della risposta, decisi di tacere.

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‹ Sono felice che lei stia bene, insomma avevo visto qualcosa di sfuggita sui Social e ciò mi fa stare un attimo più tranquillo. Piuttosto, mentre sei qui mi faresti un favore? E. . . prima di dire no a priori: ascoltami. ›

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Mi tolsi lo zaino dalle spalle e poggiandolo per un attimo innanzi ai miei piedi, accompagnato dal regalo fattomi dalla stessa Irene, lo aprii estraendo con una delicatezza inaudita tre libri, dalla rilegatura fragile e dalla copertina alquanto vecchia. No, non erano dei libri riciclati, bensì delle prime edizioni di romanzi scritti da Emily Brontë e Jane Austen; fra la rilegatura avevo aggiunto un minuzioso mazzolino di fiori, giusto per non rovinarli. La scelta di quei libri poté sembrare alquanto scontata, ma non fu una scelta casuale; in parte, in quei protagonisti, c'era un po' di me ed un po' di Irene. Poi, se vogliamo mettere in conto che conoscevo il destinatario di un simile presente e l'amore sviscerale che nutriva per le storie d'amore, ero sicuro che le sarebbero piaciuti.

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‹ Li daresti ad Irene da parte mia? Probabilmente è un atteggiamento da perfetto codardo e potrai anche insultarmi per questo, ma ci tengo davvero a farglieli avere e tu sei l'unico di cui ci fidiamo sia io che lei. ›

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persona coscienziosa che era. Più volte s'era espresso circa il fatto che avessimo colpa entrambi in quella vicenda, senza realmente schierarsi dalla parte di nessuno, ma difficoltoso era celare il fastidio innanzi a quei discorsi mossi contro quella che considerava al pari di una sorella. Si prese qualche attimo di tempo necessario a fornire una risposta che non contemplasse il mandarlo a quel paese, lui e quel suo atteggiamento orgoglioso, poi decretò: " Fammi capire. Irene mi manda qui a darti il tuo regalo di Natale nonostante abbiate litigato, e tu non perdi tempo per sottolineare, dall'altro del tuo enorme ego, che la colpa di tutto questo è sua? E' ormai chiaro che avete priorità diverse; lei ha pensato prima a te, tu invece, ancora una volta, pensi solo a te stesso. Hai una bella faccia tosta, lo sai? Fossi in te avrei almeno la decenza di tacere. " per quanto aspro fosse quel discorso, venne proferito in tono pacato e garbato; esalò un sospiro esasperato, portandosi una mano tra i capelli ribelli. Se non ne poteva più lui di quella situazione, riusciva solo ad immaginare quanto fossi stanca io. Pazientò ancora un po' per riuscire a scorgere l'espressione sul volto di James dopo aver scartato il regalo, poiché più che certo che gliel'avrei domandato, facendogli la testa a brodo; la domanda che il mago gli porse dopo aver visto il dono, tuttavia, lo fece vacillare appena nella sua posizione. Ma la risolutezza riuscì a non venire meno. " Perché non lo chiedi direttamente a lei, come sta? Già mi ha mandato qui a fare il fattorino delle consegne, e non è che sprizzassi gioia da tutti i pori nel caso non te ne fossi accorto; sono un corvo, non un piccione viaggiatore. " tacque per qualche secondo, prendendo consapevolezza del fatto che fosse stato fin troppo duro con James; abbassò lo sguardo, pensando al da farsi. " Va a momenti. A volte sta benone, altre volte si ricorda che ha discusso con te e piomba nello sconforto più totale. Se non fosse venuta la sua famiglia, qui in Russia, sicuramente sarebbe stata peggio; almeno così ha l'occasione di distrarsi. "

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In verità, non mi sarei aspettato un atteggiamento diverso da quello da parte di Fausto. Sapevo che a prescindere, si sarebbe schierato dalla parte di Irene; indipendentemente da chi avesse torto o ragione. Ma non gliene facevo una colpa, era la sua strega e lui, in qualità di famiglio, aveva il dovere di prendersene cura.

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‹ Vi fa proprio comodo credere che non me ne importi nulla, non è così? Ci ho pensato anch'io ad irene, ci penso tutt'ora, razza di imbecille. ( . . . ) Da piccione, comunque saresti sicuramente più carino; anche con un sorriso in faccia lo saresti, sai? Dovresti provare; ti farebbe bene essere un tantino più leggero. ›

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Per quanto fosse insita in me la consapevolezza che Fausto ce l'avesse con me - che novità! -, di prenderlo in giro non ne riuscivo proprio a fare a meno; sin dal principio, quella era una pratica che mi divertiva alquanto.

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permetteva di reggere a lungo il contatto visivo, ragion per cui alternano la mia attenzione tra lui e la stradina, osservando, di tanto in tanto, le vetrine dei negozi che attraversavamo. ‹ Sono una studentessa di filosofia, il corso non conta numerosi iscritti, più o meno ci conosciamo tutti. E tu non sembri avere una faccia da "filosofo", non fraintendere! Nel senso che non credo di averti visto frequentare il corso o magari sei un non corsista? Anzi, no! Fai prima a dirmi quale corso segui. › a volte mi perdevo nel mio stesso discorso a furia di riuscire a non imbrogliarmi con le parole.

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‹ Per quanto reputi la filosofia alquanto interessante, questo non si è mai dimostrato in valido motivo per farmi intraprendere il medesimo corso di studi; quindi ci hai azzeccato. ›

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Le risposi alla prima parte del discorso con una certa ironia poiché, non essendo ancora conscio di quanto la mia faccia parlasse per me, era vero che mai mi sarei potuto concedere a determinati studi. Certo, essendo curioso per natura mi affascinava il pensiero dei vari filosofi, ma iniziava e finiva lì; nulla di troppo impegnativo, insomma.

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‹ Io punto alle stelle e questo fa di me uno studente di Astronomia. ›

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Da lì a qualche minuto dopo la nostra passeggiata ci aveva condotto dinnanzi il locale di nostro interesse, quindi senza perdere altro tempo aprii la porta facendo cenno a Juliette di fare il suo ingresso; chiaramente, l'avrei seguita a ruota.

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famiglio ritenesse che quello fosse un compito ingrato, dopo vari sbuffi cedette alle mie suppliche. Si presentò al cospetto di James, con in mano un pacchetto colorato incartato a regola d'arte; uno sguardo di sufficienza impresso sul volto, e l'aria di chi ha voglia di essere ovunque, meno che lì " Irene mi ha chiesto di darti questo da parte sua. Buon Natale, anche se non è che te lo meriti tanto. " all'interno del pacco, stanziavano un paio di cuffie tanto di cappello; ero consapevole di quanto a James piacesse la musica, e quello m'era quindi sembrato il regalo maggiormente azzeccato.

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Da quando io ed Irene avevamo litigato non avevo passato sicuramente le giornate migliori del mondo. Quella ragazza era una presenza costante all'interno della mia vita e vivere in assenza della sua esuberanza rendeva le mie giornate un tantino vuote.
Ciononostante, però, non avevo fatto niente per tentare anche solo di chiarire quanto successo; in realtà, ero estremamente convinto di non essere dalla parte del torto e quindi il mio orgoglio mi aveva condotto ad ignorarla.. o meglio ad aspettare che fosse lei a compiere il primo passo. Tutto ciò, ovviamente non era accaduto e sebbene fossimo entrambi in Russia decisi di guardarla da lontano e lasciarla serena in compagnia dei suoi nuovi amici. Alla fine della fiera, in base a ciò che aveva postato sui social mi era sembrata piuttosto contenta quindi trovavo altamente inutile continuare a crucciarmi su quella faccenda.
Inutile dire che quando mi ritrovai Fausto dinnanzi ai miei occhi rimasi sorpreso e le parole pronunciate dal famiglio di Irene mi fecero quasi ridere.

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‹ Ah, le cose si sono capovolte; adesso sarei io a non meritarmelo? Interessante. ›

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Chiaramente non avrei mai potuto pretendere che l'altro potesse essere dalla mia parte; in verità nessuno lo sarebbe mai stato perché a prescindere da tutto, qualsiasi cosa avessi fatto avrei sbagliato dal principio.
Così mi limitai a scartare il regalo e trovandomi dinnanzi quelle cuffie Bluetooth un sorriso spontaneo si disegnò sulle mie labbra: era un regalo più che azzeccato ed onestamente da parte di Irene non mi sarei aspettato la falla alcuna. Mi conosceva, fin troppo bene.

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‹ Ringraziala da parte mia, d'accordo? E — Fausto. . . sta bene, sì? ›

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Non riuscii a non porgli quella domanda poiché ero seriamente interessato a quello che era il benessere della fanciulla. Per quanto fossi antipatico, arrogante e perfino menefreghista non potevo fare a meno di preoccuparmi per lei.

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parole di conseguenza mi feci scappare un piccolo sorriso intimidito e detestavo quando rivestivo questi panni perché, di solito, non ero così introversa ma tutto cambiava quando mi ritrovavo in compagnia di un ragazzo specie se questo fosse stato di bell'aspetto. Notai il suo cenno, quindi lo seguii in silenzio, sebbene avessi voluto dire qualcosa per animare la conservazione durante il tragitto non mi venne nulla in mente se non rivelargli il mio nome. ‹ Comunque io sono Juliette. › poi di nuovo silenzio.

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Per quanto concerneva la mia personalità vi era una cosa che spiccava rispetto a tutte le altre ovvero la voglia di dire sempre ciò che pensavo, indipendentemente se questo fosse un pensiero negativo o positivo. Non rientrava nel mio stile prendermi beffa di coloro che mi si approcciavano; donne o uomini non vi era la differenza alcuna. Perfino in quella circostanza fui sincero, nei riguardi di quella fanciulla, sebbene l'altrui atteggiamento m'avesse al contempo spiazzato. Arrogante e presuntuoso com'ero, ogni sillaba da lei proferita non aveva fatto altro che gonfiare il mio ego, ma allo stesso tempo non mi ritenevo superiore a nessuno; non se il tutto girava attorno alla sfera estetica.

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‹ Che sbadato, non avevo più pensato al fatto che non ci eravamo presentati. Ad ogni modo, io sono James. ›

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Avevamo già abbandonato il College e la stradina intrapresa mi faceva ben sperare che non sarebbe mancato molto tempo prima di raggiungere il locale; fortunatamente il centro cittadino era molto vicino e questo era sicuramente un bene.

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‹ Allora, che corso di studi frequenti? Non mi sembra di averti mai incrociata. ›

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allora. Ma cosa potevo dirgli? Come potevo spiegarglielo? Tagliarmi un braccio sarebbe stato più semplice, e di gran lunga preferibile; dovevo dire qualcosa. / Volevo / dire qualcosa... Ma quando dischiusi le labbra non mi uscì nemmeno mezza sillaba. Le parole mi rimasero ancorate in gola, e, proprio mentre cercavo un modo più semplice per spiegarmi, le sue parole successive mi freddarono. M’irrigidii sul posto, comprendendo di aver perso la possibilità di chiarire ormai del tutto; persi lo sguardo in un punto imprecisato, per poi puntarlo verso il basso. Non dissi niente, tanto sarebbe stato inutile. Mi limitai ad annuire mestamente col capo, l’espressione afflitta; poi, senza più alcuna esitazione, gli diedi le spalle e cominciai a dirigermi mogiamente altrove. Lottare contro l’impulso di tramutare quella ragazza in un rospo sarebbe stata dura, ma ero certa che Fausto avrebbe saputo come frenarmi. [ Che dire.

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Non ero bravo in quelle cose, non lo ero mai stato e probabilmente non lo sarei stato mai. Mi risultava oltremodo difficile comprendere cosa fosse accaduto al seguito di quel gioco, anzi più guardavo Irene più sentivo che in quel preciso istante fosse un'impresa pressoché difficile.
Mi sentivo un perfetto idiota, in realta. Non solo perché avevo ingenuamente pensato che le mie parole le avessero potuto far piacere, ma soprattutto perché le avevo fatto del male e lei lo aveva fatto a me. Per quanto potesse risultare stupido, mi sentivo ferito nell'orgoglio ed in quel momento pensavo di non essere pronto a nessun tipo di chiarimento.
Ecco perché, seguii l'altrui esempio e dandole le spalle mi trascinai dalla parte opposta del medesimo abitacolo; non avevo una meta ben precisa, ma di una cosa ero certo: non volevo saltare a conclusioni affrettate né tanto meno volevo pensare a quanto fosse accaduto. Avrei affrontato quel che era accaduto in un secondo momento ed in una circostanza diversa.
Fino ad allora, il silenzio ed una maschera di indifferenza era tutto ciò che possedevo; non conoscevo modo diverso per affrontare ciò che consideravo scomodo o difficile da comprendere.

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; 💔

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fosse posto il problema alcuno ad invitarla. Il fatto che avesse implicitamente ammesso di essere attratto da me era completamente passato in secondo piano innanzi a quel mostro verde che mi assillava da sempre; gli rivolsi uno sguardo penetrante, più esplicito di mille parole. Era in quei momenti che sembravo spaventosamente mia madre... ⊰ Sono nervosa. ⊱ tentai di giustificarmi, mettendo quella scusa come scudo al fatto che stavo prestando poca attenzione alle sue parole; rimasi poi in silenzio, volgendo lo sguardo altrove. Perché ero ancora lì? Non me ne stavo andando? La parte più frustrante era che non avevo alcuna ragione di essere gelosa: James non era il mio ragazzo, e aveva il sacrosanto diritto di fare quello che gli pareva. La cosa assurda, era che me ne rendevo perfettamente conto da sola. Tirai un sospiro, alla fine, prendendomi il viso tra le mani; ero esasperata da me stessa, e per questo m'incupii. Mi odiavo da sola, quando facevo così. ⊰ Non avrei alcun diritto di essere gelosa, comunque; non stiamo insieme. Quindi lascia perdere; mi passerà. Non dovevo nemmeno venire qui a farti questa piazzata inutile... Dimentica tutto, ok? Se ci riesci. Altrimenti, non lo so — Mi scuserò nei dovuti modi quando sarò più calma. ⊱ [ MA IO NON LA GIUSTIFICO PER NIENTE INFATTI anzi mi dispiace per lui che deve sorbirsela sinceramente...

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Ci provavo a capire Irene ma mai impresa fu più ardua di quella, specie in quei momenti in cui mi sembrava di star parlando con il muro. Conoscendo la sua bassa autostima, in particolar modo quando s'approcciava con il sottoscritto, pensavo d'aver risposto nel migliore dei modi e soprattutto che le avrebbe fatto piacere. E invece no, avevo sbagliato; ancora una volta.
Non sapevo come comportarmi perché se da un lato mi piaceva prenderla in giro, dall'altro non volevo farle del male. Per non parlare del fatto che anche quello stupido gioco aveva fatto in modo di ritorcersi contro entrambi.

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‹ Questo si era capito. Mi domando solo dove io abbia errato a 'sto giro. ›

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Mi lasciai andare ad un sonoro sospiro e passandomi una mano fra i capelli ebbi per un attimo la speranza che ella avesse capito in toto le mie parole ma ciò non accadde ed io, permaloso com'ero, non avevo l'intenzione alcuna di sottolineare nuovamente l'ovvio. Mi sentivo ferito nell'orgoglio e forse sarebbe stato meglio far cadere il discorso in quel preciso istante onde evitare di degenerare e raggiungere il punto di non ritorno. Le volevo bene, tenevo a quella ragazza e non volevo peggiorare quella situazione poiché il suo disagio, in qualche modo, l'aveva trapassato anche a me.

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‹ D'accordo, quando sarai più calma avremo modo di parlarne, sempre se lo vorrai; in caso contrario prenderò per buono il tuo esempio e farò finta di nulla. ›

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; A me dispiace che lui sia così permalosamente orgoglioso, uff

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