Le prime tre parole che mi sono venute in mente:
Che schifo - a proposito del cibo o alla vita.
Voglio/Devi - in relazione a ciò che pretendiamo.
Sei stupido/Mi hai deluso - riferito a una persona.
Sono parole gratuitamente giudicanti e colpevolizzanti, presupponenti, con aspettative a senso unico che tendono a scaricare sugli altri la responsabilità di azioni nostre. Sono parole pesanti, tuttavia maneggiate con superficialità e noncuranza riguardo agli effetti collaterali di una "somministrazione" così tranchant.
Poi ti direi anche:
Mai e Sempre.
Non perché non si debbano avere posizioni o convinzioni granitiche, ma perché, siamo (e stiamo) in (un) divenire.
E mi è anche venuto in mente un pensiero nato tempo fa dopo aver letto un libro corto, che in qualche modo c'entra.
Il libro parla di singoli momenti nella vita di alcune donne. Mi ha stupito come, a fronte della profonda dolorosità di quelle parentesi di esistenza, l'autore dedicasse così poche pagine a ciascuna. La prima cosa che ho pensato è che, se la penna fosse stata femminile, sarebbero state minimo il doppio.
Eppure c'era tutto in quelle parole apparentemente scarse. La delicatezza, il rispetto, la discrezione, una verità rivelata. E un tempo accessorio. Quello che mi sono sentita di prendermi fermandomi prima che ogni storia finisse: per metabolizzare, assimilare e poi lasciar decantare i pensieri, constatando errori che io stessa faccio/avrei fatto.
Perché, a comune denominatore di ognuna, il messaggio era che spesso parliamo troppo e inopportunamente e che in certe situazioni, anche una frase corta può aggiungere male al male, poiché, pur con le migliori intenzioni, ragioniamo con nostre supposizioni su ciò che può esser gradito e lo dispensiamo senza metterci nei panni degli altri
Per cui forse, non è solo "cosa" ma "quanto" dire e non essere sovrabbondanti finendo magari per soddisfare un bisogno solo nostro. Anche il gesto, la presenza sono dialogo. E l'ascolto.
Per quanto possa apparire ossimoro
View more