[...]
°°°
«Noioso.»
I raggi del sole sbattevano sulla testa del signore grassottello seduto sulla sedia in mezzo alla
stanza: il suo cane, Charlie, si era perso. Era un chihuahua bianco con un piccolo collare cobalto
costernato di diamanti, si era perso da tre giorni, l'unica sfumatura interessante era come un signore
così potesse possedere un cane del genere. Noioso. Al suono di quella parola che ormai si
ripeteva sempre più spesso, il signore si alzò e se ne andò.
«Non puoi continuare così, se stai ancora senza un caso finirà come l'ultima volta. ''Il tuo cervello è
un motore'' ricordi?»
Sherlock fece una pausa, non sapeva quale fosse la cosa più intelligente: rispondere o cercare di non
impazzire. Per tanto tempo aveva cercato di non ricadere nel 'metodo Watson', quello di cui tutti
gli esseri umani sono dotati. Ma ora si trovava in confusione. L'elefante rosa! L'elefante rosa era
la soluzione. Si ricordava che pochi giorni prima aveva incontrato un uomo sulla panchina di nome
James, o forse Arthur. Il signore l'aveva immediatamente riconosciuto per via del blog che ormai
rendeva lui, il più famoso detective di tutti i tempi. Gli aveva parlato di un elefante rosa, gli aveva
detto che questo, secondo la sua modesta opinione, era il segreto che lo rendeva il più grande
detective dell'intero Universo conosciuto. L'elefante rosa simboleggiava il modo assolutamente
oggettivo con cui Sherlock analizzava ogni minima cosa senza farsi influenzare dalle emozioni o
dagli stereotipi. Quando vediamo, sentiamo, odoriamo o gustiamo qualcosa il nostro cervello è
predisposto per accettare ogni cosa come vera, poi accetterà quella falsa più avanti. L'elefante
rosa non esiste, eppure ve lo siete immaginati nel momento in cui l'avete letto. L'elefante rosa
è lo sforzo che Holmes mette nei suoi ragionamenti, quel passo in più da vero a falso.
«Sherlock...» John lo riportò alla realtà «Prima che tu me lo chieda, sul blog non c'è neanche una
minima richiesta interessante.»
«Sul giornale?»
«Niente anche lì.»
«Le lettere?»
«Non ho controllato.»
«Beh.. allora fallo.»
Sherlock camminava per la stanza in cerca delle sue sigarette in modo convulso ma cercando
sempre di non farsi vedere da Watson che di certo lo avrebbe subito bloccato. Watson era il suo
pallino fisso per la guerra contro il fumo. Se la nicotina creava dipendenza, Sherlock ne era
dipendente.
«C'è qualcosa di interessante.»
Holmes non badò molto a quelle parole inizialmente: l'interessante di Watson equivaleva a un
gatto perso, ma lui aveva bisognodi nuovi casi, ne aveva veramente bisogno.
«Cosa dice?»
«Sherlock.. è meglio se la leggi tu.»
Holmes diventò tutt'appunto simile ad un pesce a palla, gli occhi gli spuntavano proprio come nei
cartoni: un misto di eccitazione e sorpresa. Mai aveva sentito quella frase, mai, fino ad ora c'era
stato qualcosa di così tanto serio da pronunciare quelle poche e allarmanti parole.
Ciao Holmes,
il tuo segreto più oscuro sei, haley.
T.
[CONTINUA]
«Noioso.»
I raggi del sole sbattevano sulla testa del signore grassottello seduto sulla sedia in mezzo alla
stanza: il suo cane, Charlie, si era perso. Era un chihuahua bianco con un piccolo collare cobalto
costernato di diamanti, si era perso da tre giorni, l'unica sfumatura interessante era come un signore
così potesse possedere un cane del genere. Noioso. Al suono di quella parola che ormai si
ripeteva sempre più spesso, il signore si alzò e se ne andò.
«Non puoi continuare così, se stai ancora senza un caso finirà come l'ultima volta. ''Il tuo cervello è
un motore'' ricordi?»
Sherlock fece una pausa, non sapeva quale fosse la cosa più intelligente: rispondere o cercare di non
impazzire. Per tanto tempo aveva cercato di non ricadere nel 'metodo Watson', quello di cui tutti
gli esseri umani sono dotati. Ma ora si trovava in confusione. L'elefante rosa! L'elefante rosa era
la soluzione. Si ricordava che pochi giorni prima aveva incontrato un uomo sulla panchina di nome
James, o forse Arthur. Il signore l'aveva immediatamente riconosciuto per via del blog che ormai
rendeva lui, il più famoso detective di tutti i tempi. Gli aveva parlato di un elefante rosa, gli aveva
detto che questo, secondo la sua modesta opinione, era il segreto che lo rendeva il più grande
detective dell'intero Universo conosciuto. L'elefante rosa simboleggiava il modo assolutamente
oggettivo con cui Sherlock analizzava ogni minima cosa senza farsi influenzare dalle emozioni o
dagli stereotipi. Quando vediamo, sentiamo, odoriamo o gustiamo qualcosa il nostro cervello è
predisposto per accettare ogni cosa come vera, poi accetterà quella falsa più avanti. L'elefante
rosa non esiste, eppure ve lo siete immaginati nel momento in cui l'avete letto. L'elefante rosa
è lo sforzo che Holmes mette nei suoi ragionamenti, quel passo in più da vero a falso.
«Sherlock...» John lo riportò alla realtà «Prima che tu me lo chieda, sul blog non c'è neanche una
minima richiesta interessante.»
«Sul giornale?»
«Niente anche lì.»
«Le lettere?»
«Non ho controllato.»
«Beh.. allora fallo.»
Sherlock camminava per la stanza in cerca delle sue sigarette in modo convulso ma cercando
sempre di non farsi vedere da Watson che di certo lo avrebbe subito bloccato. Watson era il suo
pallino fisso per la guerra contro il fumo. Se la nicotina creava dipendenza, Sherlock ne era
dipendente.
«C'è qualcosa di interessante.»
Holmes non badò molto a quelle parole inizialmente: l'interessante di Watson equivaleva a un
gatto perso, ma lui aveva bisognodi nuovi casi, ne aveva veramente bisogno.
«Cosa dice?»
«Sherlock.. è meglio se la leggi tu.»
Holmes diventò tutt'appunto simile ad un pesce a palla, gli occhi gli spuntavano proprio come nei
cartoni: un misto di eccitazione e sorpresa. Mai aveva sentito quella frase, mai, fino ad ora c'era
stato qualcosa di così tanto serio da pronunciare quelle poche e allarmanti parole.
Ciao Holmes,
il tuo segreto più oscuro sei, haley.
T.
[CONTINUA]