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È un vero miracolo io sia qui a scrivere questa recensione, poiché a metà pranzo non credevo sarei riuscita a vedere la luce di un nuovo giorno. Purtroppo con enorme rammarico, devo dire che la mia permanenza al ristorante Le tre grazie, tre stelle, è stata per me una sorta di viaggio nel peggiore dei gironi infernali. L'impatto olfattivo non appena ho varcato la porta d'ingresso è stato, per usare un eufemismo, nauseabondo. Per alcuni attimi ho temuto mi venisse servito un cadavere in putrefazione, e per antipasto, la carcassa di un animale precedentemente assaggiata da uno stormo di famelici avvoltoi.
Il vino offertomi sia in qualità bianca che rossa, era privo di consistenza e la sua temperatura davvero bassa. Al primo sorso non ho avuto più alcun dubbio: sebbene non abbia avuto modo, per ovvie ragioni, di assaggiarlo, sono certa che qualsiasi fluido corporeo miscelato a dell'urina abbia lo stesso sapore. Quindi posso affermare con certezza, per usare termini più consoni alla mia professionalità (sebbene in casi di bassa qualità come questo ci sarebbe poco da commentare in maniera professionale) che il vino bevuto sia paragonabile senza troppi sforzi di immaginazione ad una sangria di scarsa qualità, tanto il sapore era esageratamente fruttato e finto, per niente naturale.
L'antipasto. Credo non sarebbe servito in tale maniera neanche nella peggiore delle bettola. Sappiamo che l'occhio vuole la sua parte e il modo in cui il cibo era predisposto nel piatto riportava facilmente alla mente l'immagine di un cranio aperto, con le sue cervella e interiora in bella mostra, senza alcun senso creativo in tutto ciò che si osservava. Le salse, inoltre, gettate sul cibo e non posizionato in una ciotola esterna, ricordava una scena del crimine, un'immagine da film splatter che sarebbe meglio non immaginare affatto mentre ci si appresa a pranzare.
Il primo piatto. Un assaggio di due tipi di pasta: del riso scotto e pallido da ricordarmi delle larve bianche e grasse dal gusto melenso e appiccicaticcio; mentre gli spaghetti gratinati erano facilmente ricollegabili a dei grossi vermi da esca, un groviglio molle che neppure un troll affamato ingurgiterebbe.
Il secondo piatto. Con il secondo ho capito che lo stuff culinario crede di poter basare la loro forza sulle salse. Non a caso, come per l'antipasto, anche per il secondo piatto vi erano presenti ben cinque salse differenti dai colori improbabili che ad occhio puerile sarebbero potuti sembrare "frullati di caccole e vomito di mostri". Il loro sapore eccessivamente salato o insipido riportava alla mente i peggiori scenari apocalittici, di corpi sventrati e su di essi zombie affamati a nutrirsi di tutto ciò che riuscivano a trovare. Costolette secche, così secche che probabilmente rosicchiare delle ossa di un secolo sarebbe stato più gratificante. Il contorno di verdure, invece, sembrava essere stato ripescato da un cesto della spazzatura.
(1/2)
Il vino offertomi sia in qualità bianca che rossa, era privo di consistenza e la sua temperatura davvero bassa. Al primo sorso non ho avuto più alcun dubbio: sebbene non abbia avuto modo, per ovvie ragioni, di assaggiarlo, sono certa che qualsiasi fluido corporeo miscelato a dell'urina abbia lo stesso sapore. Quindi posso affermare con certezza, per usare termini più consoni alla mia professionalità (sebbene in casi di bassa qualità come questo ci sarebbe poco da commentare in maniera professionale) che il vino bevuto sia paragonabile senza troppi sforzi di immaginazione ad una sangria di scarsa qualità, tanto il sapore era esageratamente fruttato e finto, per niente naturale.
L'antipasto. Credo non sarebbe servito in tale maniera neanche nella peggiore delle bettola. Sappiamo che l'occhio vuole la sua parte e il modo in cui il cibo era predisposto nel piatto riportava facilmente alla mente l'immagine di un cranio aperto, con le sue cervella e interiora in bella mostra, senza alcun senso creativo in tutto ciò che si osservava. Le salse, inoltre, gettate sul cibo e non posizionato in una ciotola esterna, ricordava una scena del crimine, un'immagine da film splatter che sarebbe meglio non immaginare affatto mentre ci si appresa a pranzare.
Il primo piatto. Un assaggio di due tipi di pasta: del riso scotto e pallido da ricordarmi delle larve bianche e grasse dal gusto melenso e appiccicaticcio; mentre gli spaghetti gratinati erano facilmente ricollegabili a dei grossi vermi da esca, un groviglio molle che neppure un troll affamato ingurgiterebbe.
Il secondo piatto. Con il secondo ho capito che lo stuff culinario crede di poter basare la loro forza sulle salse. Non a caso, come per l'antipasto, anche per il secondo piatto vi erano presenti ben cinque salse differenti dai colori improbabili che ad occhio puerile sarebbero potuti sembrare "frullati di caccole e vomito di mostri". Il loro sapore eccessivamente salato o insipido riportava alla mente i peggiori scenari apocalittici, di corpi sventrati e su di essi zombie affamati a nutrirsi di tutto ciò che riuscivano a trovare. Costolette secche, così secche che probabilmente rosicchiare delle ossa di un secolo sarebbe stato più gratificante. Il contorno di verdure, invece, sembrava essere stato ripescato da un cesto della spazzatura.
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Zia Lella