Role to: @Naughtyslytherin
Sorrisi compiaciuta nel vedere che il ragazzo mi stesse raggiungendo al tavolo; scostai un ciuffo di capelli dietro l'orecchio e lo accolsi con un sorriso spavaldo quanto malizioso.
«Non sei affatto una frana, tu non mi conosci. O meglio, dovresti, considerando il fatto che apparteniamo alla stessa casata e che non è poi così ricordarsi di una come me.»
Indicai i miei capelli, rosa, alludendo ad essi. In effetti, ero conosciuta in praticamente tutta la scuola per il mio stato di Metamorfomagus, essendo in effetti l'unica; i miei capelli affascinavano gli studenti, soprattutto i nati babbani che mi vedevano per le prime volte. Non è difatti una cosa poi così diffusa nel mondo magico. Spesso mi veniva chiesto di cambiare il mio aspetto, essendo risaputo che quelli della mia “specie” possono tramutarsi in animali o elementi di altro genere. Nessuno fino a quel momento, però, me lo aveva visto fare. Imbarazzante.
«Però no, non abbiamo mai avuto l'occasione di di persona. Sono Eloise Midgen, e permettimi di offrirti una Burrobirra.»
Osservavo il ragazzo nei suoi movimenti, cercando di inquadrarlo bene. Per il fatto che le mie emozioni erano facilmente riconoscibili al variare della tonalità della mia chioma, fin da piccola mi ero allenata a cogliere tutti i segni, anche i più piccoli, in modo da rendere gli altri ai miei occhi tanto prevedibili quanto lo ero io. Tutti, infatti, eseguivano determinati gesti o precise espressioni facciali quando provavano sentimenti quali rabbia, nervosismo, imbarazzo, amore. Notai dalla sua postura eretta l'origine da una famiglia aristocratica, ma anche un carattere piuttosto estroverso e una grande autostima. Lessi nei suoi occhi quanto fosse sicuro di se stesso e curioso della situazione. Dalle sue mani notai che non era né nervoso né tantomeno imbarazzato, e che non aveva mai lavorato duro nella sua vita -come d'altronde la maggior parte di noi Serpeverde. Era un individuo interessante, non c'è che dire, ma ciò che mi attraeva di più erano quegli occhi tanto unici e particolari. Azzurri come il ghiaccio, ma uno di essi macchiato di castano chiaro. Occhi meravigliosamente espressivi, per di più.
«Allora, cosa in una zona tanto adorabile come questa? Hai forse qualcosa da nascondere?»
Domandai, ridacchiando tra me e me: in fondo, la bettola nella quale eravamo seduti non era di certo locata in una delle zone migliori di Londra, anzi. Per di più, veniva frequentata da anziani maghi ubriachi o svitate streghe. Dunque, che ci faceva il bel Baddock li?
«Non sei affatto una frana, tu non mi conosci. O meglio, dovresti, considerando il fatto che apparteniamo alla stessa casata e che non è poi così ricordarsi di una come me.»
Indicai i miei capelli, rosa, alludendo ad essi. In effetti, ero conosciuta in praticamente tutta la scuola per il mio stato di Metamorfomagus, essendo in effetti l'unica; i miei capelli affascinavano gli studenti, soprattutto i nati babbani che mi vedevano per le prime volte. Non è difatti una cosa poi così diffusa nel mondo magico. Spesso mi veniva chiesto di cambiare il mio aspetto, essendo risaputo che quelli della mia “specie” possono tramutarsi in animali o elementi di altro genere. Nessuno fino a quel momento, però, me lo aveva visto fare. Imbarazzante.
«Però no, non abbiamo mai avuto l'occasione di di persona. Sono Eloise Midgen, e permettimi di offrirti una Burrobirra.»
Osservavo il ragazzo nei suoi movimenti, cercando di inquadrarlo bene. Per il fatto che le mie emozioni erano facilmente riconoscibili al variare della tonalità della mia chioma, fin da piccola mi ero allenata a cogliere tutti i segni, anche i più piccoli, in modo da rendere gli altri ai miei occhi tanto prevedibili quanto lo ero io. Tutti, infatti, eseguivano determinati gesti o precise espressioni facciali quando provavano sentimenti quali rabbia, nervosismo, imbarazzo, amore. Notai dalla sua postura eretta l'origine da una famiglia aristocratica, ma anche un carattere piuttosto estroverso e una grande autostima. Lessi nei suoi occhi quanto fosse sicuro di se stesso e curioso della situazione. Dalle sue mani notai che non era né nervoso né tantomeno imbarazzato, e che non aveva mai lavorato duro nella sua vita -come d'altronde la maggior parte di noi Serpeverde. Era un individuo interessante, non c'è che dire, ma ciò che mi attraeva di più erano quegli occhi tanto unici e particolari. Azzurri come il ghiaccio, ma uno di essi macchiato di castano chiaro. Occhi meravigliosamente espressivi, per di più.
«Allora, cosa in una zona tanto adorabile come questa? Hai forse qualcosa da nascondere?»
Domandai, ridacchiando tra me e me: in fondo, la bettola nella quale eravamo seduti non era di certo locata in una delle zone migliori di Londra, anzi. Per di più, veniva frequentata da anziani maghi ubriachi o svitate streghe. Dunque, che ci faceva il bel Baddock li?