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Il lento e lontano ricordo di una canzoncina, dolce come il miele sul pane tostato. Una mano grande e liscia, calda, ad accarezzarle il viso, a svegliarla in quella giornata di pioggia. Gli occhi strizzati, giusto qualche piccolo versetto assonnato, un leggero stiracchiamento e poi, infine, a rivelarsi il viso di Jared, sempre sorridente, sempre rivolto alla sua amata Katherine. Non esiste sensazione migliore del venire svegliati dalla persona che si ama, nel calore dell’armonia, ceduti ai ricordi di un passato non così lontano, che avrebbe potuto ripetersi in un eterno esistenziale. Katherine guardava il corpo del padre martoriato, privo di vita: alle spalle del corvino - giaciuto a terra, inerme - Damon. Ah.. era così che voleva giocare JJ? Il suo cuore venne toccato, come una goccia di pioggia che cade su uno specchio d’acqua; soave tintinnio che riesuma tutti i suoi sentimenti. Conosceva bene quella sensazione di frenesia, la lotta contro sé stessi, l’incomprensione, la confusione... Katherine amava suo padre più di quanto avrebbe mai potuto amare in generale una persona, ma Damon era sempre stato il suo cavillo, il suo onii-chan, le spine di una rosa che ne proteggono l’essenza. Lo amava, ed era per questo che alla visione della sua morte tutto cessò di esistere, insieme lei. Il peggio si era compiuto, l’Apocalisse esplose, sbranando nella bocca dell’inferno le anime. A carponi, Katherine si trascinava con le unghie, speranzosa di venire inghiottita – arriverà la fine, ma non sarà la fine. Le parole dell’albino si scaricavano contro di lei veementemente, forando il corpo giovane della fanciulla, pënëtrandø irruentemente nella sua anima: fredda, oscura, zelante. La neve attecchiva sul terreno, mai più alcun fiore sarebbe sbocciato. Mio l’afferrò da terra, lanciandola ai piedi di JJ. Sentiva la sua potenza schiacciarla, insetto strisciante, aberrazione, inietto del mondo.. i vulcani eruttavano il sangue delle vittime, esondazioni e devastazioni diroccavano sulla Terra, palesando la giustiziera verità alla minore. Che cosa poteva fregargliene degli altri? La sua giovane essenza sprofondò, arresasi alla realtà dei fatti, a quella famigerata verità che mai avrebbe voluto toccare con le dita.
Nessuno avrebbe bussato alla porta del suo cuore, che sempre era rimasta aperta per accogliere qualcuno. I suoi occhi, il suo amore, avevano avuto ragione di vivere unicamente per il suo Daddy: il suo ikigai. Allorché avrebbe perito accanto al corpo, violandø esso ancora una volta; un ultimo bacio, un ultimo atto d’amore: Romeo e Giulietta. Ma JJ non lasciò più vincita al suo egoismo, squarciando il velo che stringeva affettuosamente i due corpi. Lambì il suo collo - stretta morsa della biscia - sollevandola da terra; peso piuma, sofferenza: soccombere dinanzi a quanto lei stessa aveva creato. Oh!, il diavolo danzava su questo prelibato scenario, un ristoro da tre stelle Michelin per il re dell’inferno, fosca dannazione.
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Nessuno avrebbe bussato alla porta del suo cuore, che sempre era rimasta aperta per accogliere qualcuno. I suoi occhi, il suo amore, avevano avuto ragione di vivere unicamente per il suo Daddy: il suo ikigai. Allorché avrebbe perito accanto al corpo, violandø esso ancora una volta; un ultimo bacio, un ultimo atto d’amore: Romeo e Giulietta. Ma JJ non lasciò più vincita al suo egoismo, squarciando il velo che stringeva affettuosamente i due corpi. Lambì il suo collo - stretta morsa della biscia - sollevandola da terra; peso piuma, sofferenza: soccombere dinanzi a quanto lei stessa aveva creato. Oh!, il diavolo danzava su questo prelibato scenario, un ristoro da tre stelle Michelin per il re dell’inferno, fosca dannazione.
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