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ᴊᴇᴀɴ.

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La sua inesperienza per te non è un problema, non lo è mai stata. Non pensi che abbia qualcosa in meno ad un uomo più esperto. Paradossalmente preferisci anche che sia così. Temi che con un uomo già "avviato", tutte quelle tenerezze che normalmente ci sono tra di voi non ci sarebbero state. Almeno

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non così tante. Vorresti anche continuare quei movimenti intrisi di libidine e desiderio, ma appena infila la mano oltre la biancheria, ti perdi in un bicchiere d'acqua. Sei già bagnata, impaziente di averlo, di unirti a lui non solo mentalmente parlando. Sofføchi un gemitō e poi un altro ancora, prima di prendere le distanze dal membrō. Lo fai solo per sbarazzarti definitivamente del reggiseno e anche dei pantaloni, che fai scivolare lungo le gambe. « Neanch'io voglio più aspettare. » sentenzi, baciandolo di nuovo sulle labbra, mentre con una delle mani prendi a tirare giù le mutandine. Se lui è impaziente, tu lo sei più di Jean.
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Aveva preso coraggio. Cercava di imporsi su Celeste per farle capire che, malgrado l'inesperienza, la voglia di imparare c'era ed era schizzata alle stelle; andava di pari passo con l'eccitaziōne e il desiderio di prendere possesso di quel corpo sinuoso e candido. E pensare che, quando l'aveva conosciuta, neanche ci aveva fatto caso: aveva sempre guardato altro. Come l'intelligenza, ad esempio. E il carattere. Amava la vena peperina di Celeste: stuzzicava la sua fantasia e pertanto si chiedeva se fosse così anche sotto le lenzuola, oppure se avesse una natura più mite, in contrasto con quella che mostrava di solito. In fondo aveva capito che quella mostrata dalla McPherson alle persone fosse solo una maschera: con lui diventava un'altra persona. Gli piaceva da matti questa cosa. Continuò a massaggiarle il sësso con indolenza, concentrandosi sul clitoridë madido fino a che non la vide spogliarsi completamente.
« Dio, sei perfetta. Vorrei scolpirti. »
Disse a bassa voce, prima di impossessarsi nuovamente di quelle labbra. Poteva sembrare una frase romantica la sua (e in parte lo era), fatto sta che era serio: gli sarebbe piaciuto scolpire Celeste. Gli ricordava la Venere che era esposta al Louvre, solo che con entrambe le braccia. Nel frattempo, il membrö sbatteva come un ariete contro la fëmminilità di lei.

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Non sai ancora la reale identità dei tuoi sentimenti. Stai ancora tentando di capirli, giacché prima di Jean non hai mai avuto una simile connessione mentale, sentimentale e fisica con qualcuno. Sì, la parte fisica l'hai già vissuta con altre persone, ma non è mai andata di pari passo con i

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sentimenti. Una cosa, per te, ha sempre escluso l'altra. Almeno prima di adesso. Ti lasci guidare da lui, neppure si trattasse della tua prima volta, e ne assecondi i movimenti più per mettere a suo agio Jean che te stessa. Sorridi intenerita alle sue parole, sollevando di poco il capo per baciarlo sulle labbra, sino a posarsi sul suo collo. « Temo che dovrai ripetere, love. Non ho capito un accidente. » ridacchi contro la sua pelle, mentre continui a muovere la mano lungo l'astā un po' più veloce, indugiando col pollice sull'estremità di essa. Quei sospiri che sta emettendo ti piacciono, ma non ne hai ancora abbastanza.
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« La vedo difficile ripetere... »
Sussurrò con voce calda e instabile, continuando a guardarla fisso negli occhi color nocciola. Lo faceva per non soffermarsi troppo sui sēni, sui fianchi, sulle cosce e su qualsiasi altra parte del corpo di Celeste trovasse attraente; come faceva ad essere così perfetta? Per lui era un mistero. Sentiva che sarebbe potuto vënire anche così, a secco, ma doveva resistere: non voleva fare la figura del vërginello pateticö. In parte lo era già, però non importa. Alla rossa, comunque, l'inesperienza della controparte non sembrava pesare, anzi. La trovava tenera e si capiva dalle premure che stava avendo nei suoi riguardi. Tolse le mani dal membrö per lasciarla continuare da sola e ne approfittò per toglierle il bottoncino dei pantaloni, cacciando una mano all'interno delle sue mütandine: voleva toccarla.
« Ho detto... »
E ansimò, di nuovo, mordendole dolcemente il labbro.
« Che voglio farti mia / adesso. / Sono stanco di aspettare. »

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Attendere che sganciasse le mezzelune del reggiseno sembra essere troppo per te. Hai voglia di lui, di sentire le sue mani addosso e i vostri respiri mischiarsi fino a diventare un tutt'uno. Senti il calore affluire alle guance, quando dà libero sfogo a quel commento che sembra essergli venuto del

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tutto spontaneo. « Non esagerare... » bisbigli imbarazzata, poco prima che il respiro si fermasse lì, tra le corde vocali. Ti ha a malapena sfiorato un capezzolō e tu già inizi a non capirci più niente, soprattutto quando a quel dito aggiunge anche la bocca. Sospiri sommessamente, adagiandoti con la schiena sul letto; le mani, invece, armeggiano con il bottone dei suoi pantaloni, che sganci senza problemi. Lentamente cominci a tirarli giù, col pensiero di far intrufolare una mano proprio lì, a dargli sollievo.
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Quei sospiri lo stavano già facendo impazzire, totalmente. E il bello ancora doveva avvenire. Nonostante la totale inesperienza, Jean si sentiva pronto, sicuro. Voleva unirsi con Celeste, voleva farlo perché sentiva una connessione mentale con lei, oltre che fisica; la seconda era subentrata successivamente, almeno per lui. Era in questo modo che finiva per innamorarsi delle persone e, di conseguenza, concedersi ad esse.
« Non esagero. Dico ciò che penso. »
Disse facendosi scappare una risata leggera, spensierata, tornando poi a baciarla sulle labbra. Si lasciò sganciare i pantaloni e, con non poca impazienza, afferrò la mano altrui per guidarla sul membrō (lo aveva appena tirato fuori dai boxer). Su e giù. Su e giù. Con lentezza e dolcezza, come se temesse di spaventarla e farla scappare. Tuttavia, era certo non l'avrebbe fatto.
« Je veux que tu sois mienne maintenant. Je ne veux plus attendre. »
La guardò con malcelato desiderio mentre si lasciava scappare un gëmito caldo, profondo. Le stava dando fiducia, nonché tutto sé stesso: il cuore di Jean era finito nelle mani di Celeste.

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Soffi una risata contro il suo collo nel sentirlo parlare in francese. È una risata tenera, bonaria, che proruppe dalle tue labbra nel vederlo così preso. « Dovrai insegnarmi il francese. » bisbigli al suo orecchio con una leggera malizia, prima che lui possa concentrarsi sul senô. Quanto hai

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aspettato quel momento? Neppure tu lo sai. Sentire la sua bocca proprio lì, dove ultimamente l'hai desiderata, ti fa mugolare e rabbrividire al tempo stesso. Eppure non aspetti che ti sganci le mezzelune, piuttosto tiri giù il reggiseno dalle spalline. Non vuoi aspettare. Non ancora. Gli prendi delicatamente una mano e la indirizzi su uno dei senī, percependo già il battito cardiaco accelerare.
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Jean sarebbe stato molto lieto di insegnare a Celeste il francese. Solo, non in quel momento: era troppo incantato dai suoi sēni per pensare a una tale eventualità. Stava per sganciare l'indumento, ma la rossa fu più veloce e optò per una mossa scaltra, ovvero abbassare quest'ultimo per mezzo delle spalline. Come se ciò non fosse sufficiente ad annebbiare la mente del povero gargoyle, le sue mani furono portate proprio lì, su uno dei cāpezzoli, mozzandogli il respiro per qualche secondo.
« Sono enormi. »
Constatò, lasciandosi andare ad una risata nervosa e monocorde. Sfiorò il bottoncino con un pollice, compiendo movimenti lenti e circolari su di esso, mentre la bocca andò a vezzeggiare l'altro, per non farlo sentire solo. La foga lo portò a spingere la minore con la schiena sul letto, quasi sovrastandola col suo corpo muscoloso ed imponente; sentiva l'ereziōne pulsare nei pantaloni. Iniziava a fargli quasi male.

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Hai già fatto sessō altre volte, ma è sempre stato un divertimento, qualcosa che hai fatto con la massima leggerezza. Era come grattare un prurito o soddisfare una voglia. Stavolta, invece, c'è ben altro. C'è del sentimento vero e da ambedue le parti. È questo che ti rende quasi elettrica, ansiosa

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come poche volte sei stata in vita tua. Nell'esatto istante in cui Jean ti posa sul letto, ti viene istintivo cercare la sua bocca, sfiorare il suo corpo con le mani, stavolta senza timore. « Davvero? Da quanto? » è una domanda espressa così, giusto per colmare quel breve attimo dove Jean si sfila la maglietta. Non pretendi una risposta, perché la tempistica non è rilevante. Ti alzi col busto solo per baciarlo sul collo, scendendo pian piano, mentre con la mancina gli sfiori le spalle, così ampie e grandi come le hai viste solo alla spa e quella volta dove aveva alzato il gomito. Ti costringi a fermarti da tutti quei baci giusto per liberarti del camice, che tanto sai già che sarebbe di troppo.
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« Da quella volta che avevo alzato troppo il gomito e ti ho praticato del sēsso oralē. Mon Dieu, depuis combien de temps ai-je pensé à tes gémissements... »
Si lasciò scappare quella riflessione a voce alta, in lingua francese, chiaro indice di quanto avesse già perso la testa. Il tocco femminile e delicato altrui sulla pelle lo stava tappezzando di piacevoli brividi dappertutto, ma mai quanto quelle labbra sul collo: sapevano di peccato. Sospirò con voce calda e pesante, fiondandosi su quei sēni grandi e tondi. Ne baciò uno poco sopra la coppa del reggisenō e succhiò con delicatezza un lembo di pelle dell'altro, mentre le mani andavano a cercare le mezzelune, per sganciarle.

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Come hai fatto a non capire che toccava proprio a te ad aprire la porta? Una mente brillante come la tua che non riesce neppure a capire quand'è che deve agire o meno è grave. La colpa o merito che dir si voglia è proprio lì, che ti sorregge tra le sue braccia. Ti senti in imbarazzo per quel totale

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fail, ma neppure te ne importa, tant'è che ti metti genuinamente a ridere da sola. « Mi stai facendo ammattire... » sussurri con finta esasperazione, allungando un braccio per inserire la chiave nella serratura ed aprirla. Ormai siete lì, ad un passo dalla vostra prima notte di intimità. O meglio, seconda, se non contiamo la volta di Jean completamente ubriaco.
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« Ti correggo: ci stiamo facendo ammattire a vicenda. »
Rispose ridendo il gargoyle, facendole intendere che non c'era nulla di strano o davvero imbarazzante nella sua reazione: era umana. Ci stava che si emozionasse e non capisse più nulla; lui si sentiva alla stessa identica maniera. Non appena la porta venne aperta, passò velocemente attraverso di essa, mantenendo sempre la minore in braccio. Se la chiuse poi alle spalle grazie a un colpo deciso della gamba e, non perdendo un ulteriore minuto, stese la rossa sul letto. La baciò sulle labbra e sul collo, poco sopra le clavicole, posando le mani su quei fianchi pieni e morbidi; avrebbe voluto “mangiarsela” subito, ma doveva procedere con calma.
« Non sai da quanto stavo aspettando questo momento... »
Sussurrò a pochissimi centimetri dal suo viso, sfilandosi la maglietta.

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A quel bacio sulla fronte, uno dei gesti più romantici e carichi di affetto che ci siano, ti sciogli come un cubetto di ghiaccio. La presa al collo di Jean si fa più salda, come a voler ricambiare quel gesto carino con la tua vicinanza. Non puoi che concordare con lui quando dice che era partito —

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tutto come un gioco. Quello stuzzicarsi, le battute, persino le offese, erano tutte nate solo con l'unico scopo di darvi vicendevolmente fastidio. Neppure tu avresti mai pensato che ciò ti avrebbe portato a conoscerlo così a fondo, fino quasi ad innamorarti di lui. « Credo che non saremmo noi se non continuassimo a punzecchiarci. Però... anch'io sono contenta che sia successo. Non c'è persona che mi completa meglio di quanto lo faccia tu. » anche perché prima di Jean, non hai mai provato nulla di ciò che ti sta facendo provare lui. Annuisci quando ti chiede di prendere le chiavi, intrufolando di conseguenza la mano nella tasca. Stavolta non ti poni neppure il problema se dovessi percepire o meno "qualcosa". Una volta trovata gliele porgi, cosicché possa aprire la porta. « Sarei riuscita a camminare anche da sola, ma grazie baby. »
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Avrebbe voluto rispondere a quelle bellissime parole, dire qualcos'altro, ma la sua mente era già oltre quella porta: immaginava di riempire Celeste di baci, di sentire i suoi gēmiti infrangersi contro l'orecchio, di vederla con le labbra socchiuse e le pupille dilatate mentre la rendeva sua. Dio, che caldo. Deglutì con forza e si ridestò dalle sue fantasie pērverse non appena vide la chiave.
« Dovresti aprire tu: io sono / leggermente / impossibilitato. »
Pose l'enfasi su quel “leggermente” e nel frattempo la scuoteva, per far capire che era proprio lei il piacevole e momentaneo impedimento. Si fece più vicino alla porta, in modo da permettere alla controparte di completare quella che forse era una delle azioni più elementari al mondo, ma che per loro, in quel momento, risultava terribilmente difficile. Ed era del tutto normale: erano entrambi molto agitati ed emozionati. Era pur sempre la loro prima volta insieme.

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Quel sorriso con tanto di fossette ti fa battere il cuore a tremila, a tal punto che quando lo vedi allontanarsi per andare a ripulirsi ti porti una mano all'altezza del petto. Non avresti mai pensato che un sorriso da parte di Jean avrebbe mai suscitato in te qualcosa del genere. Una volta tornato

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ti lasci sollevare senza opporre resistenza; al contrario, ridacchi appena per quel ricordo della serata di Natale. Quella che è stata l'inizio di tutto. « Con l'unica differenza che stavolta siamo entrambi sobri. Ora posso confessartelo: lì ti trovavo già molto bello esteticamente. Ti avrei baciato quella sera stessa. Ma sono contenta di aver aspettato. La tua preziosa interiorità e il tuo essere così dolce sotto sotto, non hanno fatto altro che accentuare il tutto. »
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L'arrendevolezza con la quale Celeste si faceva prendere, crogiolandosi tra le sue braccia, lo sorprese. A dire il vero non era la prima volta che accadeva, ma ora che lei era sobria, le cose erano un tantinello diverse. Quando confessò che lo avrebbe baciato addirittura nel bel mezzo della serata natalizia, il suo cuore perse un battito. Ma non fu tanto quello a sorprenderlo, quanto le successive frasi che fuoriuscirono dalle labbra di una donna tutto d'un pezzo come Celeste. La sua Celeste. Le posò un bacio sulla fronte, pronto a proferir parola.
« Io non ti trovavo attraente: quello è subentrato dopo. Ho pensato che fossi una persona buona, con un mare di problemi da risolvere, e che per questo ti servisse qualcuno su cui contare. Qualcuno di simile a te. E quel qualcuno ero io. Poi è vero che qualche volta ci stuzzicavamo; lo facciamo anche adesso, ma era partito tutto come un gioco. Non pensavo che avrebbe portato a... questo. Ma sono contento che sia successo. Con te sto bene. Sei una donna sagace, dolce e affettuosa al punto giusto. Non ti cambierei per nessun'altra ( ... ) Riusciresti a prendere le chiavi che sono nella mia tasca sinistra? Non vorrei rimetterti a terra. »

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Quel sorriso con tanto di fossette ti fa battere il cuore a tremila a tal punto

Poteva non sembrare a primo acchito, ma anche tu eri agitata al sol pensiero di rendere tutto quanto reale. Non hai mai avuto un'intimità con qualcuno con il quale sei così tanto legata. Ormai è ovvio anche a te che ciò che latita tra te e Jean, va oltre il semplice affetto. È diventato qualcosa di

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più. E per te che di sentimenti ne hai provati davvero pochi in vita tua, tutto risulta "strano". Ma è una stranezza bella, da farfalle nello stomaco. Lo noti lo sguardo che insiste sulla tua scollatura e silenziosamente te ne compiaci parecchio. « Aspetta aspetta aspetta. » farfugli velocemente, prima di poggiare di nuovo le labbra sulle sue; sono diventate il tuo tallone d'Achille. « Le amo troppo. Perdonami. » mormori ad un soffio dal suo viso con un adorabile sorriso fra le guance e infine ti alzi, lasciandolo andare a lavarsi le mani. / niente mi si è rincoglionitā proprio
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Con le mani ancora sporche di argilla secca, Jean non poteva di certo fare qualcosa insieme a Celeste; voleva che la loro prima volta fosse perfetta, o quasi. Stava per alzarsi, ma la controparte lo trattenne per dargli un bacio sulle labbra e questo bastò per lasciarlo stordito per pochi secondi. Diventò tutto rosso. La guardò con le pupille di quegli ammalianti occhi verdi leggermente dilatate; infine sorrise, mettendo a nudo le fossette.
« Ci metto un attimo. »
Disse con un tono di voce insolitamente morbido, andando al bagno. Una volta tornato prese la rossa in braccio, senza dire nulla.
« Ho un déjà vu... »
# Ti prego, mi sono sciolta quanto li amo

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Poteva non sembrare a primo acchito ma anche tu eri agitata al sol pensiero di

Mentiresti se avessi detto di essere andata appositamente lì per concludere qualcosa, perché non era nelle tue intenzioni forzare qualcosa che non era voluto anche dalla controparte, ma un po' ci hai sperato. Oltre ad esserci tanta intesa mentale ed emotiva, è innegabile che c'è anche la componente

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fisica tra voi. L'avete ignorata bellamente per molto tempo, forse troppo, ma non è colpa di nessuno dei due. Evidentemente non era il momento adatto. Forse lo sarà quella sera? Chissà. Quando ti definisce scorretta, accenni una risata leggera; le labbra a sfiorargli la guancia, sino a spostarsi nella parte interna del collo. « Può darsi. Ma a te non dispiace mica. » bisbigli in prossimità del suo orecchio, indietreggiando appena per poterlo guardare in quei bellissimi occhi verdi. « Se me lo chiedi citando questa canzone... scherzi a parte, io... non lo so. Vorrei. Ma solo se lo vuoi anche tu. »
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Per Jean, quella sarebbe stata la prima volta in assoluto che avrebbe fatto sēsso con un'altra persona. E non si trattava di una persona qualsiasi, bensì di Celeste; la sua Celeste, o “bébé”, com'era ormai abituato a chiamarla da un po' di tempo a questa parte. Si sentiva abbastanza pronto, nonostante avesse un po d'ansia da prestazione. Ma era del tutto normale, no? Gli sarebbe passata nel bel mezzo del momento. Quei baci sul collo lo fecero rabbrividire di piacere e anche un po' imbarazzare, tanto che fu costretto ad abbassare lo sguardo; gli occhi caddero di nuovo su quel senō prosperoso. Deglutì.
« Vado a lavarmi le mani, poi andiamo in camera mia. »
Mormorò dandole una piccola pacca sulla naticā, come ad invitarla ad alzarsi. Pur non essendo stato esplicito, era stato abbastanza chiaro.

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Mentiresti se avessi detto di essere andata appositamente lì per concludere

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Ormai una cosa è certa: quel gargoyle ti ha reso una sottona. Tu, che non sei mai dipesa da nessuno, quasi non riesci ad immaginare le tue giornate senza la presenza di Jean. Il che per qualcuno di individuale e solitario come te vuol dire tanto, se non tutto. Alla sua esternazione non puoi che —

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sorridere tu, stavolta, trovando adorabile quella reciproca mancanza che nutrite a vicenda. È il commento sul tuo essere più attraente del solito, che ti suscita un’espressione vagamente maliziosa. Così ti siedi sulle sue gambe, proprio come avevi fatto alla festa di Natale, e gli circondi il collo con un braccio. « Ho lasciato il camice apposta per te. »
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Per uno come Jean, che non guardava subito il fisico, essere attratto sēssualmente da un'altra persona significava tanto: fiducia, devozione e persino amore. Infatti non era più presto per poter dire con certezza che il gargoyle stesse iniziando ad innamorarsi di Celeste: aveva tutte le carte in regola per diventare la sua fidanzata. Stava per dire qualcosa, ma lei lo prese contropiede e si sedette con nonchalance sulle sue gambe. Deglutì a fatica, spostando lo sguardo da quel sēno che si intravedeva da un bottone non passato per l'asola al suo viso, contratto in un'espressione maliziosa.
« Mh, scorretto da parte tua. »
Mormorò pizzicandole il sēdere. Era talmente preso bene che l'ēccitazione aveva superato di gran lunga l'imbarazzo.
« Est-ce que tu veux coucher avec moi, ce soir? »
# 🆘🆘🆘🆘

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Ormai una cosa è certa quel gargoyle ti ha reso una sottona Tu che non sei mai

Esali un sospiro di sollievo nel sapere che fosse solo. Non che sarebbe cambiato qualcosa, saresti entrata anche se ci fosse stato un altro studente. Nascondere il vostro rapporto, a prescindere dalla sua entità, non è un qualcosa che hai mai preso in considerazione. Anche perché non c'è nulla di —

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cui tu, anzi entrambi, dobbiate vergognarvi. Abbassi la maniglia dopo aver ricevuto la sua risposta ed entri nell'aula per raggiungerlo, approfittando che fosse seduto per scoccargli un lungo bacio sulle labbra. « Ho appena finito di fare lezione e mi mancavi. » lo ammetti con un'insolita naturalezza, che sorprende persino te stessa, ma che non ti dispiace quando si tratta di lui. « Spero di non averti disturbato. »
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Neanche Jean aveva mai pensato di nascondere il rapporto intimo instaurato con Celeste: per quanto fosse riservato, la loro frequentazione era diventata troppo seria per poter pensare di far finta di nulla. Quando la vide entrare nell'aula, il suo primo pensiero andò su quel “mi mancavi”, seguito dalle labbra morbide ed invitanti che profanarono le sue; la strinse per i fianchi, ricambiando il gesto.
« Mancavi anche a me. »
Sorrise teneramente e solo in un secondo momento si accorse che stava indossando il camice da laboratorio. Si umettò il labbro inferiore, sospirando.
« Sei molto attraente. Più del solito, intendo. »

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Esali un sospiro di sollievo nel sapere che fosse solo Non che sarebbe cambiato

È chiaro come il sole che il rapporto con Jean ha preso una piega piuttosto seria e intensa. Nessuno dei due ha parlato di coppia o di stare insieme, ma dal modo come vi comportate è chiaro che entrambi avete lo stesso obiettivo. In quest'ultimo periodo vi siete avvicinati molto anche sul piano —

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fisico, sebbene non abbiate sfiorato ancora un'intimità degna di nota. Non sai bene perché sia tu che lui state temporeggiando, magari per paura che un'ulteriore vicinanza di quel calibro potrebbe unirvi ancora di più, oppure che, al contrario, possa rovinare tutto. È con quei pensieri per la mente che, dopo aver finito di studiare nel laboratorio di scienze, pensi di andarlo a trovare nell'aula di arte. La stessa dove ti ha portata quella sera dell'ultimo dell'anno a vedere i fuochi d'artificio. Ti auguri solo di non trovare lì il suo compagno di corso, altrimenti lo avresti infilato dentro ad un vaso con un cālcio ben assestato dove non batte il sole. Bussi un paio di volte dopo essere arrivata in cima, ma non entri: magari c'è qualcun altro. « Jean? Sei qui? »
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Era da giorni che Jean ripensava a quel rapporto intimo che aveva avuto con Celeste da brillo. E si stava ancora maledicendo perché, nonostante sapesse del cūnnilingus, non gli erano rimasti che dei ricordi frammentati; più cercava di ricostruire i fatti e meno ci riusciva. L'unico momento lucido che aveva stampato in testa era lei che gëmeva e che gli stringeva i capelli, implorandolo di non fermarsi. Dio, non era mai stato così tanto ëccitato in tutta quanta la sua vita; neanche con la ragazza senza-nome aveva mai provato certe pulsioni. Per evitare di fossilizzarsi, andò nell'aula di arte e si mise a finire un progetto che aveva iniziato la volta prima. Si trattava di un vaso bello alto, fatto d'argilla, la cui bocca era uscita storta e per questo bisognava risistemarla. Si bagnò le mani con l'acqua e si mise all'opera finché qualcuno bussò alla porta. Era lei. Avrebbe riconosciuto quella voce anche in capo al mondo, ormai.
« Mon bébé? Che ci fai qui? Entra pure: sono solo. »

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È chiaro come il sole che il rapporto con Jean ha preso una piega piuttosto

« Ma almeno liberi la mente. Non rovineresti niente, divideresti il peso in due. È giusto che lei sappia. »

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Esalò un profondo sospiro, appoggiando il mento sulla mano. Audrey aveva ragione: doveva parlare a Celeste dei suoi timori, aprirle il cuore. Ma per un uomo fatto / letteralmente / di pietra, non era facile.
« Vedrò cosa posso fare. »
Mormorò, sfoggiando un leggero sorriso. Era così amorevole soltanto con la sua amica Audrey e altri pochi eletti.
« Merci beaucoup. Sentivo proprio il bisogno di sfogarmi con te. »
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« ne hai discusso con lei, di questa eventualità? Non si tratta più solo di te, ma anche di lei. Non mi sembra una persona che si scioglie così con tutti. »

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« Dici che dovrei farlo? Non so... non vorrei rovinare tutto con le mie paranoie. »
ne hai discusso con lei di questa eventualità Non si tratta più solo di te ma
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#SMASHORPASS2 Buonasera studenti! Ispirati dal gioco precedente, questa volta vi proponiamo una nuova versione: vi daremo 5 nomi di studenti, e voi ci direte smash, or pass. Partecipate?

« Quelle bètise. Per questa volta, passo. »
# Rip scusatelo ma è diventato Celestesessuale
SMASHORPASS2 Buonasera studenti Ispirati dal gioco precedente questa volta vi

« Mhh, non sviarmi il discorso. Voglio sapere cosa ne pensi, come stai, le tue paure... » sapeva che quella era la parte martellante di un rapporto, lei prima di ufficializzare con Chris era un vulcano di ansie e paranoie. Sì, lei che aveva sempre sotto controllo tutto. L'amore rende stupidi.

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« Io sto bene. Va tutto bene. Ho solo il grande timore che lei possa abbandonarmi come mi è già successo in passato; poi, il fatto che sia una mortale, non aiuta. Ma di questo ne avevamo già discusso. »
Mhh non sviarmi il discorso Voglio sapere cosa ne pensi come stai le tue paure
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« Sei stracotto, anzi: innamorato. » fu un'affermazione che disse un po' divertita, ma in realtà ne era contenta. Jean più volte le aveva detto che per lui era difficile sbloccarsi sul piano sentimentale (e non solo), mentre adesso aveva fatto dei passi da gigante grazie alla rossa.

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« Non esageriamo. »
Bofonchiò, diventando, se possibile, più rosso del rossetto sulle labbra della controparte. Doveva provare a sviare, a cambiare discorso, o sarebbe stata la fine.
« Tu con la bella rockstar, invece? Cosa mi dici? »
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Audrey si strozzò con la coca cola. Cosa aveva fatto il suo Jean? Infatti rimase a fissarlo per un po', un po' confusa, finché non capì che quello che aveva sentito era effettivamente vero. « Tu devi rimediare, ma in ogni caso: bravo. È andato tutto ok? Le è piaciuto? »

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Nel sentirsi dire “bravo” restò compiaciuto, nonostante l'imbarazzo. Audrey era l'unica persona alla quale avrebbe detto di tutto, anche riguardo argomenti scomodi come il sēssō.
« Ricordo abbastanza i suoi gēmitī, dunque, presumo di sì. ( ... ) Poi l'ho portata a Parigi. In volo. Volevo impressionarla. »

L'istinto materno verso chi voleva bene le aveva fatto notare quel leggero rossore di guance, tanto che Audrey si ritrovò a sorridere tenera. Era bello vedere il proprio migliore amico sereno, dopo tutti i pensieri funesti che aveva avuto. « Sapevo che quella rossa ti avrebbe scalfito il cuore. »

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« Ecco, sì. »
Tossicchiò, cercando di perdere tempo. Non sapeva in che modo parlare a Audrey di come il rapporto tra lui e Celeste si fosse evoluto. Finì di bere il tè, poi la guardò dritto negli occhi, serio.
« Le ho praticato del... sēssō orale. »
Disse molto sottovoce quei due ultimi vocaboli, per non farsi sentire dalle altre persone sedute ai tavoli accanto al loro.
« Ma non da sobrio. Infatti, non ricordo granché. E mi dà fastidio questa cosa. Vorrei rimediare. »
Listinto materno verso chi voleva bene le aveva fatto notare quel leggero

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