#casper

Negli occhi di lui invece baluginava confusione, ma Jessica restò tanto interdetta innanzi a quella visione da non rendersene nemmeno conto. I pochi minuti in cui si stava consumando quello scenario lei li visse come se fosse stata rinchiusa nel proprio inferno personale, costretta a fissare inerme la manifestazione fisica di tutti i suoi incubi, mentre le labbra dischiuse le venivano voracemente rosicchiate dal freddo torrido. E quando la strega sollevò mogiamente la mano e la lasciò ricadere sinuosamente lungo il braccio di Casper, percorrendolo nella sua interezza, le parve quasi di accusare dolore fisico, una fitta tremenda all’altezza del torace; al pari di una lama affilata e spessa che le si conficcava dritta nel petto, lentamente e crudelmente, proprio dove si annidava il cuore, tranciandolo di netto. Non riusciva ad udire cosa si stavano dicendo, ma lo immaginava: avrebbe anche potuto sentire se avesse voluto, in realtà, ma scelse di non farlo. Faceva già abbastanza male così. Però fu nel momento in cui Sybil gli porse il disegno che le aveva sottratto due giorni prima, e che lo raffigurava, probabilmente spacciandolo per proprio, che Jessica non ci vide più; letteralmente, poiché gli occhi si velarono appena di un leggero ed impercettibile strato di lacrime.
Era successo di nuovo, constatò con ironia e sofferenza.
Si era donata totalmente e senza riserve a qualcuno, aveva permesso che le toccasse il cuore, e proprio quando stava iniziando a crederci ecco che la realtà dei fatti ed il cinismo del mondo la riportavano coi piedi per terra, ricordandole che per lei un lieto fine non era mai stato possibile. Non importava quanto ardentemente ci sperasse. Avrebbe anche potuto confrontarla, Jess. Avrebbe potuto raggiungerli, rivendicare la proprietà del disegno, rivelare quei sentimenti che, davanti al dispiacere che stava provando, non potevano più essere negati con ostinazione e convinzione. Avrebbe potuto lottare con le unghie e con i denti per ciò che ormai sapeva di volere. Ma la paura la immobilizzò per l’ennesima volta, inghiottendo sul nascere ogni parvenza di coraggio. Se già stava facendo male così, quanto malessere le avrebbe causato se una cosa simile si fosse verificata in futuro, nel bel mezzo di una relazione stabile? Lo stomaco le si contorse al solo pensiero, serrandosi irrimediabilmente. Sapeva come ci si sentiva quando veniva preferita un’altra persona a te, c’era già passata e probabilmente non aveva le forze per correre nuovamente quel rischio. Deglutì, scoprendo la bocca arida come il deserto, e sbatté le palpebre più volte per allontanare quel debole principio di pianto. Per quanto brava a celare i suoi sentimenti, Jessica non sapeva fino a che punto sarebbe riuscita a fingere questa volta. Così, fece semplicemente un passo indietro, si tramutò in pipistrello e volò via prima che uno dei due potesse accorgersi di lei.

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Erano passati due giorni da quando Jessica aveva avuto quel confronto con Sybil, e forse, in fin dei conti, era sembrato tale solamente a lei. Due giorni trascorsi nell’apatia più totale, in cui il soffitto della sua stanza era rimasta l’unica cosa interessante da osservare senza sosta. Le riflessioni si erano accavallate nella sua mente in maniera così disordinata da lasciarla con più domande dell’inizio, e, per la prima volta da quando aveva cominciato a frequentare Casper, quel senso di malinconia e disillusione che l’aveva da sempre caratterizzata era tornato a farle visita. Si era sentita strana. Nel profondo del suo cuore era già consapevole di quale fosse il motore fautore di tali, devastanti e negativi sentimenti, ma il suo subconscio, la parte più razionale e timorosa, si rifiutava categoricamente di accettarlo. Ne era derivato che non giungesse ad alcuna decisione concreta, convenne, assorta nell’ennesimo rimuginio mentre avanzava distrattamente in direzione della Plaza. Così che i passi compiuti lentamente dentro i pesanti anfibi sembravano causati da una forza che prescindeva dal suo corpo. Sentiva invece di non essersi mossa di un millimetro da quel bivio metaforico in cui era incappata quando Sybil le aveva sbattuto in faccia le sue intenzioni. Eppure lo sapeva bene, Jessica, cosa avrebbe voluto fare. Anche se si rifiutava di scendere totalmente a patti con la realtà, il suo animo protendeva verso una direzione specifica in maniera spontanea, quasi prepotente, in barba a tutte le paure che le davano il tormento. Forse era per tale motivo che i suoi piedi l’avevano condotta fino al cimitero, più o meno consapevolmente. La vampira sapeva che se voleva trovare Casper, quello del loro primo incontro sarebbe stato fondamentale da controllare per andare sul sicuro. Non aveva fatto alcun programma, anzi, più ci aveva provato più la situazione le era sfuggita dalle mani ed era piombata nello sconforto più totale; il suo intento era quello di andare lì e discutere a quattr’occhi con lui di quanto Sybil le aveva riferito, per capire quale fosse la sua visione in merito. E per quanto non si sentisse infusa di chissà quanta determinazione, avvertiva quantomeno l’esigenza di provarci, non importava come avrebbe fatto o come sarebbe andata. Però poi i suoi occhi cessarono di materializzare il vuoto e misero a fuoco ciò che stava accadendo a pochi passi da lei. Come il clima invernale che incombeva sulla sua figura, immobile a pochi passi dal cancello d’ingresso, il tempo parve ghiacciarsi di colpo e smettere di scorrere.
Per tutti, tranne che per lei.
Per / loro /.
Oltre le grate del pesante uscio in ferro, Jess scorse, di fianco alla stessa tomba su cui si era accomodato il ragazzo quella fatidica sera in cui tutto ebbe inizio, Sybil e Casper parlare. Lei le dava le spalle, ma alla vampira sembrò quasi di riuscire a vedere l’espressione lasciva e fintamente innocente che quasi certamente albergava sul volto di Sybil in quell’istante.

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Poi smise di guardare definitivamente slide e foglio, ormai compromesso, e le dedicò tutta la sua attenzione. ⧼ Senti, credo di aver capito dove vuoi arrivare, e io — ⧽
« Io voglio uscirci, Jessy. Sì. », non la lasciò nemmeno finire e confermò i suoi pensieri. La vampira non fu stupita tanto da quell’ammissione, ma dalla scelta delle parole che aveva utilizzato. “Voglio” si usa quando una cosa la vuoi a tutti i costi. Sybil portò allora le mani ad incontrarsi dietro la schiena e schioccò la lingua contro il palato. « Però insomma, se tu mi dici che provi qualcosa di concreto per lui e che è una frequentazione in piena regola, allora... Tutto cambia. Non ti farei mai una cosa del genere. »
Dietro quel tono docile da agnellino si nascondeva una ferocissima iena. Jess riuscì ad intravvederne la doppia faccia senza troppi sforzi, e mentre la prima sorrideva con fare cordiale la seconda ghignava di gusto in maniera alquanto inquietante. Faceva tutto parte di una mera provocazione, lo sapeva, ma quelle parole la condussero comunque verso il panico più totale. Come messa dinanzi ad un bivio, una strada che prendeva due diramazioni differenti, Jessica si rese conto che per bloccare le intenzioni di Sybil avrebbe dovuto affrontare qualcosa che non era ancora pronta a fronteggiare: la natura dei suoi sentimenti per Casper. Bloccarla significava ammettere di essere caduta nuovamente vittima dell’ennesima, tacita prospettiva di ricevere amore incondizionato, un amore che, per quanto dicesse il contrario, non aveva mai smesso di aspettare. E, da quel punto in poi, la prospettiva di un'inedita, cocente delusione sarebbe stata ad un passo da lei, perché ignoto le era il punto di vista dell’altro in merito a tale faccenda, sempre che si fosse posto il problema. Un’emozione con cui non faceva quasi mai i conti le fece visita, stringendole lo stomaco in una fortissima morsa: la paura più pura ed incondizionata di essere nuovamente abbandonata.
« Jessy? », richiamò la sua attenzione Sybil, muovendo una mano innanzi al suo volto. Era rimasta ferma a fissare il vuoto con occhi sbarrati per un tempo indefinito. ⧼ Ascolta — Fai quello che ti pare. ⧽, la voce di Jessica suonò confusa e incerta; si alzò di scatto dal posto e prese a raccattare le sue cose, colta dall’impellente desiderio di lasciare la stanza, insieme a quell’orribile sensazione di terrore e angoscia a cui non era per nulla abituata. Mentre avanzava verso la porta, si voltò un’ultima volta in direzione di Sybil. ⧼ Casper non è il mio ragazzo. ⧽, la informò prima di levare le tende e avventurarsi di gran carriera per il corridoio. Quella frase fu proferita quasi con dolore fisico. Non era certa di aver fatto la cosa giusta, ma in quel momento aveva agito d’impulso: essere messa con le spalle al muro l’aveva scossa, rendendole impossibile ragionare lucidamente. E poi era vero, d’altronde: Casper non era il suo ragazzo. Non poteva annoverarsi il diritto di impedire a qualcun altro di provarci con lui.

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⧼ Mi ridai il disegno? Sto cercando di capirci qualcosa, qui. ⧽, rispose semplicemente, senza nemmeno levare gli occhi dallo schermo del pc. Se si stesse riferendo alla materia con cui era alle prese o alla situazione con Casper non ci è dato saperlo, certo era che stesse facendo di tutto per mantenere un comportamento criptico. « Però non hai risposto alla mia domanda, Jessy! », la canzonò con un trillo cristallino, tenendo quel sorriso falsamente benevolo impresso sul volto. Jess storse il naso, accusando un leggero fastidio. Non le piaceva quel soprannome, e guarda caso lo usava solo lei. ⧼ Perché non me ne hai fatte. ⧽, disse per tutta risposta, incrociando finalmente gli occhi chiari dell’altra. Giurò di aver individuato una smorfia beffarda celarsi dietro quel visetto che pretendeva di sembrare adorabile. Sybil piegò appena la testa. « Dì un po’, com’è la vostra situazione? Ora te ne ho fatta una. », nel chiederlo mostrò l’interesse che può mostrare un’amica nel tentativo di scovare i dettagli scottanti della vita di chi le sta a cuore, per gioirne insieme. Jessica, che era riservata e non percepiva Sybil come una sua amica, non ebbe la stessa impressione. ⧼ Boh, noi — Ci vediamo. ⧽, rimase volutamente sul vago, riprendendo il lavoro di copiatura. La strega non ne parve soddisfatta. « Ed è una cosa seria? », azzardò. La vampira stava per rispondere, quando la penna smise di depositare inchiostro sul foglio di colpo e l’intero suo corpo si paralizzò. Fu come venire colta da una consapevolezza fulminante. « O fate solo se’sso…? Ok, a questo non rispondere. », , la strega si portò un dito di fronte alle labbra, fingendosi meditabonda solo per lasciare a Jess tutto il tempo necessario ad elaborare quanto stava accadendo. Poi riprese. « Perché sai — Non avevo mai fatto caso a lui, prima che iniziassi a vederlo insieme a te. »
⧼ Ovviamente. ⧽, le scappò senza che riuscisse a fermarsi in tempo. Il tono sarcastico con cui lo affermò sembrò fomentare Sybil.
« Sembra un disadattato. Però è carino. »
Istintivamente, nel sentirla dire ciò, Jess premette con forza eccessiva la penna contro il foglio. Quell’unico aggettivo le si impresse nel subconscio così tanto a fuoco che si dimenticò per un attimo di cosa il suo corpo era capace di fare; la punta della biro si piegò come un fuscello sotto il peso delle sue potenzialità soprannaturali, spegnendosi in una macchia d’inchiostro che rovinò la bella e ordinata calligrafia. In un moto improvviso di nervoso, aveva rotto la stilografica. Stentava a crederci pure lei. Sybil osservò l’oggetto danneggiato, incredula. « Wow, tutto bene? », ebbe pure il coraggio di chiedere. Jessica si limitò a cacciar via le frasi irriguardose che avevano preso a vorticarle per il capo. Non essendo affatto una sprovveduta, aveva ben inteso dove stesse andando a parare quella conversazione. ⧼ Mi succede, a volte. ⧽, mentì.

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“ Dopo una giornata di intensi bombardamenti che devastarono la città, l’attacco francese venne sferrato il 17 agosto 1812 ma incontrò un’accanita resistenza da parte delle truppe russe che difendevano i sobborghi meridionali e la fortezza della città. ”

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Risuonò nella testa di Jess, man mano che la penna scorreva sul foglio e gli occhi saltavano dalla carta allo schermo del pc. Nel visualizzare il numero impresso sulla slide venne colta da un moto di sconforto che la portò a sospirare: la strada era ancora lunga, eccessivamente perché la sua soglia di attenzione potesse farvi fronte. E per una volta dare la colpa al tedio sarebbe stato impossibile: la storia era la sua grande passione, difficile che la appesantisse al punto tale da condurla a perdere il focus. Il motivo della sua distrazione costante andava ricercato altrove, aveva un nome, una chioma indomabile di ricci dorati e dei profondi occhi scuri privi di luce. Jessica non aveva bisogno di sbirciare il disegno che faceva capolino da sotto i suoi appunti per riportare alla mente quella figura, sarebbe stato futile perché ne aveva già memorizzato ogni più piccolo dettaglio, anche quelli che credeva di non conoscere. Però lo faceva lo stesso, in un automatismo spontaneo; le sue iridi si muovevano in quella direzione come attratte da una calamita, e tale visuale fugace le riportava alla mente lo scatto rubato da cui aveva tratto ispirazione per crearlo, scatto che custodiva gelosamente nella galleria del suo telefono. Una reazione a catena decisamente deleteria per il ritmo di studio che stava tentando invano di acquisire, ma quella era la prassi da un po’ di tempo a questa parte. Avrebbe voluto dire che stava accettando passivamente che Casper invadesse indisturbato ogni angolo del suo subconscio, ma non sarebbe stato vero; molteplici parti di lei opponevano una dura resistenza, come le truppe Russe contro Napoleone nell’argomento che ora si stava apprestando ad apprendere. « E così… Il morto che cammina, eh? », sopraggiunse con sorpresa una voce alle sue spalle; dita sottili ed affusolate sfilarono il disegno dal punto in cui era nascosto, rivelandolo agli occhi della ladra occasionale che ora lo reggeva tra le mani con fare compiaciuto. Sybil, figlia di una delle dipendenti streghe di suo nonno, non era solo una ragazza che conosceva fin dall’infanzia, ma anche una compagna di corso di Jessica. E, per qualche motivo alla vampira ignoto, non l’aveva mai presa in simpatia, forse perché riteneva che avere un suo parente a dirigere la scuola le concedesse il lusso di chissà quali privilegi. Nonostante questo, l’altra sembrava convinta di essere brava a celarlo, come se Jess non fosse in grado di scorgere quel lieve disprezzo che le si rifletteva negli occhi ogni volta che la guardava. « Non ti facevo tipa da zombie. Più da… / lupi mannari /. », alluse con una punta di malizia. Ma alla Dracula quel riferimento non sembrò colpire particolarmente.

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Scarily Amazing... But, also, sometimes dumb! lol.
*eyes my "smart" phone*

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I think a lot of it is cool... But like, why haven't we created something that can make us our own breakfast like the movie "Back to the Future"? Or a chair that gets us all ready like "Casper"? I feel like we have the ability to create them??? But, why haven't we??? *flips kitchen table cuz I'm HANGRY* lol.

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Also, on a more serious note, I just become wary that we are too reliant on technology... that when it crashes, we tend to have no plan B... It's a scary thought to think of all the scammers out there trying to override the system, too... I like it, but I just don't trust it when it comes to being "secure".... That's mainly why I don't use certain features, because it's too intrusive to my personal identity and my own privacy.

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https://www.youtube.com/watch?v=g66K4f-y-8Y

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