Erica G. (Echoes)

Di sogni ricorrenti ne ho solo uno, è un incubo e, ogni volta che cerco di raccontarlo, perdo dei pezzi per strada. Quindi mi limito a dirti dell'ultimo sogno che ricordo.
Ho sognato di andare a Roma. Di andare lì e trovare un mio libro nella vetrina di un negozio. Lo prendevo e lo portavo alla cassa, ridendo: volevo comprarlo! La cassiera mi ha detto: "Oh, è un libro bellissimo! Lo sa che assomiglia un sacco all'autrice?" E poi guardando la foto nei quarti di copertina vedeva che ero io e mi chiedeva un banalissimo autografo. Mentre scrivevo il mio nome, però, la penna che avevo ha finito l'inchiostro e la firma era quindi sbiadita, si leggevano solo le prime lettere del mio nome.
La cassiera si era proposta di prestarmene una per rifarlo ma io mi ero rifiutata e le avevo detto: "No, questo è l'autografo più vero che potrà mai avere: sbiadito come me."
Poi sono uscita e non era più Roma, c'era il mare. Mi sono seduta in spiaggia e ho cominciato a leggere. E a piangere, apparentemente senza motivo.
Ha cominciato a piovere ma io non me ne sono andata, sono rimasta lì a leggere, nonostante la pioggia rendesse le pagine tutte bagnate e quasi illeggibili. E poi mi sono svegliata.

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Non ha il benché minimo senso, lo so. Ma è l'ultimo che ho fatto che ricordo.

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Sono in libreria, sto vagando alla ricerca di un nuovo libro da leggere. Un titolo mi salta agli occhi, uno dietro l'altro; ci sono i libri del grande King, l'ultimo fantasy appena uscito, il classico di Dostoevskij che vorrei tanto comprare, quel titolo che mi ispira tantissimo... e poi eccolo lì: solo, che nessuno guarda, che aspetta solo me.
Se Dio (o qualsiasi altro ente che si annida nei meandri dell'universo) volesse comunicarmi qualcosa, dovrebbe sfruttare un libro, farmi attirare da un libro. Portarmi a comprarlo - quindi magari che costi poco, eh! - e farmelo leggere tutto d'un fiato. Magari potrebbe anche accentuare il concetto portandomi a cliccare su un video YouTube con una canzone col stesso messaggio, in modo che sia chiaro che si tratti di un "segno divino".
Io ascolto solo i libri e la musica, quindi se qualcuno volesse farmi capire qualcosa, l'unico modo per farlo con la certezza di essere sentiti e ascoltati sarebbe utilizzare questi due mezzi.

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La mia autostima non si fa vedere da un po' nella mia vita, ahah.
No, vabbè, scherzi a parte; sinceramente ho una bassissima e scarsissima autostima, e spunta fuori solo in alcuni campi in cui so d'avere delle certezze - la maggior parte di essi, tra l'altro, è del tutto inutile.
Non so come si possa guadagnare, sono più esperta a perderla che a ottenerla, però credo che debba essere un processo dentro a noi stessi. Ovvero: le persone che ti circondano possono sempre farti dei complimenti per ciò che fai/hai fatto e dirti che hai dei talenti, però quelle parole ti concedono un'autostima effimera e, molte volte, falsa - infatti non si è mai sicuri se certi complimenti vengano detti perché realmente pensati o semplicemente per "amicizia".
Per essere certi invece di valer qualcosa, c'è bisogno di credere per primi in noi stessi. Essere soddisfatti dei propri risultati e guardarli con orgoglio, cosa che tendenzialmente è molto difficile da eseguire.
Dovremmo apprezzare ciò che siamo, in tutte le nostre sfaccettature, e guardare i nostri pregi facendo in modo di sfruttarli nella migliore maniera possibile.

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2/2 Vorrei che ricordaste tutto ciò perché sembra che i ragazzini di oggi siano un po’ troppo avanti, secondo me la loro infanzia è finita prima: hanno idee, concezioni, ‘valori’ diversi da quelli di un tempo.. Se avete meno di 17 anni, non rispondete e scusatemi per la discriminazione :)"

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Ne stavo parlando proprio prima con il mio chitarrista, sai?
Come dicevamo io e lui, noi a undici anni giocavamo col fango. Essì, facevamo le pozioni di Harry Potter con terra e acqua, finché diventava una gran bella poltiglia. Poi con i rami degli alberi facevamo le bacchette magiche e ci urlavamo dietro incantesimi e recitavamo anche parti dei film o dei libri della saga.
Cantavamo le canzoncine dei cartoni animati e ne facevamo anche i balletti, ahah. (Amore puro per il Detective Conan.)
Poi giocavamo ai Pokemon senza sapere le regole, cantavamo le bans, le canzoncine che ti insegnano quando sei piccola all'asilo. Suonavamo, ascoltavamo musica e studiavamo.
Io poi leggevo moltissimo, andavo in biblioteca ogni martedì a prendere quattro o cinque libri che duravano sì e no un giorno o due. Ahw, che bei tempi!
Con le mie amiche facevamo piani per conquistare i ragazzi, ho miliardi di fogli di mappe varie e stupidi intrighi che dovevamo fare per incontrare quella persona a quella determinata ora.
E poi scrivevo lettere, da quando avevo sette anni. Ho una scatola piena di lettere con le mie migliori amiche. Ora invece di avere lettere e inchiostro si hanno messaggi ed e-mail, ma non vale niente confronto a tutte quelle parole scritte con tanto amore, davvero. Lettere che scrivo ancora oggi, ahw.
Il primo cellulare che ho avuto è stato un Nokia 3310 in seconda media, per la cresima. Non era nemmeno mio: era di mio padre, che me l'aveva dato giusto per. Sai una cosa? Non l'ho mai usato se non per giocare a Snake e a Space Impact, già. Poi in terza media, avendo preso la borsa di studio, mi sono comprata uno dei primissimi Motorola e cominciai a usarlo in quell'estate e solo con un mio compagno di classe (il mio migliore amico) e lo usavo talmente poco che non avevo nemmeno le promozioni per i messaggi gratuiti e simili.
Internet ho cominciato a usarlo in prima superiore con una certa frequenza - non molto assidua e solitamente solo per ascoltare musica e scaricare basi dove suonare.
Msn l'ho scoperto alla fine della seconda superiore.
A ballare di sera? Ahah, mai andata! Ahah. Sono andata una volta solo in discoteca e ne ho un ricordo orrendo; avevo sedici anni ed era pure pomeriggio. Non sono cose che fanno per me.
La prima volta a un pub a bere è stata a sedici anni e mezzo, poi.
Sì, o sono io molto tarda, o i più giovani oggi sono troppo precoci, boh.

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Davvero non viene più insegnata?
Io credo che debba esserci un minimo di insegnamento, sì. Mi ricordo che ho fatto un anno intero alle elementari su questo argomento e anche alle medie era stato ripreso più e più volte e, anche se in quel momento lo trovavo inutile, solo una mera perdita di tempo e un attimo di totale imbarazzo, ora sono contenta di aver avuto un'educazione anche su quel fronte, perché mi ha messo in guardia su molte cose e mi ha fatto stare molto più attenta di quanto lo sarei stata senza averla avuta, sicuramente.
Credo che dovrebbe essere insegnata, magari alle scuole medie e con ripresa nei primi due anni delle superiori, ma dovrebbe anche essere trattata seriamente. Il problema è che, essendo un argomento "tabù" rischia sempre di cadere in battutine e scherno da parte degli studenti, probabilmente è quello che frena gli insegnanti a continuare a insegnarla.

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