Erica G. (Echoes)

Nome: Decidete voi come chiamarmi.
Compleanno: Ogni anno spero che ci sia la neve, in quel giorno.
Professione: Sognatrice a tempo pieno.
Occhi: Bellissimi, blu e malinconici: hanno il colore che vorrebbe vedere ovunque.
Capelli: In cerca di un taglio che le stia bene, con una frangetta rigorosamente underground.
Residenza: Sopra a una nuvola fragile, cerca di stare in equilibrio e non cadere.
Segni particolari:
Nelle sue vene scorre l'inchiostro blu con il quale scrive le sue storie. Aspira a diventare una grande scrittrice e mentre lotta per questo sogno si culla con la musica underground, perché le piace ascoltare cose che nessun altro conosce - è tremendamente gelosa delle sue canzoni.
Il suo cuore anziché battere per lo più trema, le insicurezze la chiamano a gran voce, come le fantasie che si figura davanti agli occhi.
Ricorda le date di tutto ciò che le è successo nella sua vita, ha una memoria enorme, sembra un archivio infinito di informazioni e di parole che le hanno detto.
Sogna e cammina sempre con la testa per aria, sembra solo una bambina troppo cresciuta, un'adulta nel corpo di una diciottenne.
Si ciba di abbracci e promesse indelebili.

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Oh, essendo Inception il mio film preferito in assoluto, mi sono posta questa domanda un migliaio di volte all'incirca.
Credo che la "vera" realtà potrebbe essere un mondo molto più piccolo di quello che è ora. Le persone con cui ora sono più vicina in realtà potrebbero essere delle semplici conoscenti che il mio subconscio ha trasformato in figure essenziali per la mia vita. Magari nel mondo reale le persone che sono distanti da me in questo momento, le amicizie online, sarebbero invece presenze di ogni giorno con cui ridere e scherzare. Si spiegherebbe perché, con molte di loro, mi sono trovata subito così affiatata anche senza conoscerle poi così bene.
Secondo me non si può scoprire se questo è un sogno: non abbiamo un totem che ce lo faccia capire né c'è pizzicotto che tenga, qui. Se è un sogno, tutto questo, è veramente realistico e risvegliarsi sarà addirittura molto doloroso, in quanto abituati a vivere per un lunghissimo tempo qui.
Magari ci si risveglia proprio con la propria morte. Chissà, lo scopriremo solo vivendo. :)

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Il mondo perfetto per me sarebbe un mondo in cui le sveglie mattutine sarebbero sempre una canzone casuale degli anni Ottanta.
Il caffè non farebbe male, quindi si potrebbe berne in quantità smisurate, come colazione, insieme magari a un bel pacco di biscotti.
Si leggerebbero buoni libri, ogni giorno, e si ascolterebbe un saaacco di musica anni Ottanta (molta anche di quella underground, sconosciuta ai più, che a me piace da morire).
Credo che ogni persona potrebbe decidere come chiamarsi e, anziché avere un nome, avrebbe il titolo di una canzone. Io sarei Echoes dei Pink Floyd, per l'appunto.
Ogni sera, prima di andare a dormire, sarebbe prassi leggere in famiglia ad alta voce un capitolo di un libro, così tutti amerebbero la lettura - com'è giusto sia.
Ci sarebbe la meritocrazia e sicuramente più riguardo per le persone bisognose; inoltre più giustizia, più rispetto, più amore.
Le promesse sarebbero sempre mantenute.
E le famiglie sarebbero sempre unite.
Il sole e la pioggia si alternerebbero con più regolarità. Le acque del mare sarebbero molto più pulite e i mezzi di trasporti pubblici sarebbero infinitamente più efficaci di come lo sono ora.
Tutte le cose più buone - che in questo mondo vengono chiamate "schifezze" - non farebbero male, ma, anzi, sarebbero salutari!
Le città sarebbero molto più pulite e le campagne molto più verdi. I colori sarebbero intensi, non spenti.
Ci si vorrebbe bene e non esisterebbero più i cuori spezzati.
E nei più bei tramonti e nelle più preziose albe nascerebbero i sogni di ognuno di noi.

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Utopia.

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Leggendo ciò che hai scritto... un po' mi si è fermato il cuore.

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Ognuno di noi ha un Demone. Un lato oscuro. Qualcosa che cerchiamo anche di tenere nascosto agli altri, ma che alla fine prende il controllo di noi stessi quando meno ce l'aspettiamo.
Ce l'ho anche io, certo, come tutti.
Anzi, io ne ho svariati; decido di parlarti di quello più evidente al mondo.
Il mio Demone è stato per molto tempo la Paura.
Lei si prendeva possesso di me e non mi lasciava andare. Mi portava a mentire. A nascondermi. A fingere di stare male davanti agli altri. A non ammettere le mie responsabilità. A nascondermi sotto il peso opprimente di mille bugie.
Mi rifugiavo sotto al letto, piangevo e non volevo reagire. Alle persone attorno dicevo che non potevo uscire perché stavo male. Non rispondevo ai messaggi, alle chiamate. Mi eclissavo e cercavo solo scuse per non dover affrontare nessuno - senza reale motivo, solo perché era troppo difficile ammettere la mia sofferenza interiore, dire di essere una statuina senza equilibrio né piedistallo.
Ho sempre avuto paura, quindi, di me stessa, della mia debolezza, del mio malessere e della mia totale incapacità di reagire - alla quale invece sostituivo una continua disperazione, quasi inutile, anche inutile.
Io ho il terrore di questo mio Demone.
È colui che genera fiumi di lacrime.
È colui che mi fa tremare.
È colui che mi fa sedere in un angolo di una stanza e mi fa cominciare a tirarmi i capelli.
È colui che trasforma Erica in un'ombra scura.

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Sono ormai dei mesi che riesco a tenere a bada questo mio Demone, per fortuna, anche grazie all'aiuto di alcune persone che ho vicino. Avrei paura di vederlo ricomparire perché sconvolgerebbe di nuovo totalmente tutta me stessa e non so se sarei capace di affrontarlo e rintanarlo ancora dov'è ora.

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Mi permetto di spedirti un dolce abbraccio, se lo vuoi; sembri una persona tanto buona, non fare in modo che il tuo Demone ti trasformi in qualcuno che non sei.

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1. Suono più strumenti. Sono andata a scuola di batteria e ormai sono sette anni che la suono; ho frequentato anche qualche lezione di basso, mentre mio padre e mia sorella mi hanno insegnato chitarra e pianoforte. Inoltre suono da autodidatta l'ukulele da dicembre. Oh, e l'ocarina da maggio (ma la suono a caso, ahahah)!
2. Avrei voluto suonare solo la batteria, e la suono. Perché è l'unico strumento - e ne ho provati molti prima, quindi lo posso dire con certezza - con cui mi sento libera e che mi dà energia e soddisfazione. Ecco, avrei voluto magari suonare un po' di più le percussioni, mi piacciono moltissimo e mi avrebbero arricchita molto, invece non sono mai riuscita a dedicarci molto tempo.
3. Mi infastidisce... uhm, in realtà non credo ci sia alcuno strumento che mi infastidisca.
4. Il violino mi incanta sempre e non saprei nemmeno dire il perché. So che se sento una canzone fatta da un violino, dal vivo, rischio anche di commuovermi. Ha un suono perfetto e mi tocca sempre il cuore, sempre.
5. Per non dire sempre la mia canzone preferita, scelgo Coming back to life dei Pink Floyd.
http://www.youtube.com/watch?v=RjFc7IEWHbE
6. Sembrerà assurdo, ma non sopporto Smoke on the water. Troppo commercializzata. Preferisco molti altri capolavori dei Deep Purple.
7. Uhm, ora non saprei, ma c'è stato un periodo in cui mi rimaneva sempre in testa il motivetto de La ballata dell'ospedale di Pierdavide Carone, nonostante non la potessi sopportare.
8. Mi urta un sacco Selena Gomez, perché proprio la sua voce non mi piace per niente, mi infastidisce.
9. Me ne piacciono troppi... ma ti dico Lou Reed perché sto ascoltando il suo concept album Berlin.
10. I Toto, sono stati il mio primo gruppo preferito, sono il mio gruppo preferito e rimarranno sempre il mio gruppo preferito.
11. Diciamo i Muse: prima proprio non li potevo sopportare, ora diciamo che sono entrati nell'indifferenza e che qualche canzone riesco anche ad apprezzarla.
12. La musica è ed è sempre stata un pezzo importantissimo della mia vita. Sin da quando ero bambina, ho avuto la fortuna di entrare in stretto contatto con la musica, in quanto nata in una famiglia di aspiranti musicisti. Mi sono sempre dedicata ad essa come a un hobby, mentre suonavo, ma comunque era essenziale per me. Più di una volta mi sono immaginata come una batterista famosa, ma non è comunque una cosa a cui aspiro - per quanto sarebbe bello.

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Il mondo era particolarmente luminoso quando si incontrarono. Sembrava che fosse tutto perfetto: il calore di una primavera riscaldava il paese, i fiori cominciavano a sbocciare e tutto sembrava aver riacquistato vita, dopo un freddo inverno. In quell'atmosfera così colorata, loro erano spenti.
Quando si conobbero non portavano sorrisi nei volti, né avevano felicità con cui potersi scaldare il cuore.
Si incontrarono così, privati della loro anima e si amarono subito: le persone ferite si riconoscono a vista d'occhio e a loro era bastato un solo sguardo per capire che insieme avrebbero potuto ricolorare le parti scure della loro anima.
Fu un amore passionale e intenso. Furono pittori per la prima volta, dopo vite trascorse nelle gradazioni di grigio; mentre il mondo attorno a loro cominciava a veder sbiadire i suoi colori, finalmente loro potevano vantare ciò di cui sempre si erano privati.
Si sposarono. Colorarono di bianco le loro vite, cancellando finalmente tutto il nero in cui si erano cullati fino a quel momento. La loro vita non avrebbe mai potuto essere migliore, ora che erano tornati proprietari della felicità.
Ma tutto nella vita è effimero e loro non se n'erano mai preoccupati, convinti che niente avrebbe mai intaccato quel nuovo loro Paradiso.
Sbagliarono.
Terribilmente. Irrimediabilmente.
La Morte, gelosa dei loro nuovi colori, non poteva accettare di lasciare che continuassero a illuminare così il mondo. Decise di portare via con sé il giovane ragazzo.
Lei, rimasta pittrice senza tela e tela senza pittore, si dimenticò del sapore dei colori.
Tornò nell'oscurità della sua vita. Morì senza esalare il suo ultimo respirò, perché la vita senza lui non aveva battiti, né respiri, né tantomeno colori che la potessero rendere tale.
E il mondo pianse con lei, sprofondando nelle lacrime. Lacrime di mancanza di colori.

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