Erica G. (Echoes)

Non ho un particolare attore preferito a essere sincera, mmh.
Diciamo che però mi ha sempre colpito Jonathan Rhys Meyers.
L'ho conosciuto con August Rush: La Musica nel Cuore e beh, insomma, l'ho amato a prima vista. Poi diciamo che in quel film mi ha anche colpito molto perché suonava e cantava e, dio, ho amato le due canzoni che canta lui, Something inside e This time. Insomma, ogni volta che penso a un attore che realmente mi piace è lui, perché mi ha trasmesso moltissime emozioni in quel film e l'ho a dir poco adorato. Così ho visto una serie di film fatti sempre da lui e mi sono piaciuti tutti molto, Velvet Goldmine in primis. Non li ho visti tutti - anche perché non sono una grande appassionata di film! - però in quelli che ho visto, beh, mi ha sempre colpito molto come attore.
Aspetto di vedere Shadowhunters - Città di ossa per innamorarmi ancora una volta di lui. U.U

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E poi guardate che occhi che ha ç.ç

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Erica era una persona estremamente confusa.
Erica ascoltava migliaia di canzoni anni Ottanta e di gruppi pressoché sconosciuti, che Dio solo sa dove è andata a trovare. Le piacevano particolarmente i testi delle canzoni, credo, perché in alcuni cd masterizzati ha fatto da sola i booklet riportando per ogni canzone una frase che, suppongo, le piacesse o la rispecchiasse particolarmente. Nelle sue playlist ci sono sempre la canzone iniziale e quella finale strumentali.
Credo fosse pervasa da una sorta di malinconia, perché nella maggior parte delle sue playlist le canzoni non sono particolarmente allegre, ma rimandano sempre a una dolce nostalgia, a una carezza timida, a una forza effimera. Credo che le piacesse cullarsi, in quelle canzoni.
E poi ci sono altre playlist, invece, che contengono canzoni più rock, più decisive, che ti spronano a cantare con loro. Forse cantava anche lei, ascoltandole? Penso di sì. Magari come sfogo. Chissà.

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Leggo i suoi libri e vedo come le piacesse cullarsi in un mondo tutto suo.
Erica ha messo in rilievo, davanti agli altri, Sette minuti dopo la mezzanotte di Patrick Ness, così l'ho letto per primo, per vedere se magari avesse un qualche significato; ho visto che aveva sottolineato una serie di frasi molto belle, tutte relative alle paure e a come affrontarle. Credo che Erica ne avesse molte, di paure e insicurezze da affrontare. Forse per questo aveva messo davanti quel libro, rispetto a tutto.
Ma ho letto poi anche molti più libri fantasy. Aveva una serie infinita di saghe! Mi sono piaciute molto, tutte; penso che le piacesse particolarmente come genere, magari si rifugiava in questi mondi inesistenti quando il suo le sembrava troppo pesante.
E poi aveva uno scaffale dedicato a Stephen King e a Nick Hornby. Strano accoppiamento, l'horror e la narrativa in chiave ironica. Forse le piaceva il mistero ma cercava sempre di trovare un sorriso con cui trascorrere le giornate.
Sottolineava molto, nei suoi libri, un sacco di citazioni belle, che penso la colpissero. Cos'ho capito da esse? Che era una persona chiusa e che avrebbe voluto essere più forte, suppongo. Che le piaceva sognare, ma aveva paura di cadere.

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Erica viveva un mondo tutto suo e probabilmente sperava solo che qualcuno la raggiungesse lì.

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Io credo che per le persone siano un po' gelose di ciò che amano.
Per questo accade che quando adorano un gruppo, appena conoscono qualcuno a cui piace, hanno il bisogno di "mostrare" che loro sono "più" fan dell'altra persona, che conoscono più cose e che potrebbero scriverne, insomma, una biografia, perché secondo me c'è di fondo l'idea che "nessuno può amare Tizio come lo amo io". Per le persone è difficile credere che altri possano provare gli stessi sentimenti loro. Di conseguenza, quelli che conoscono un po' meno un cantante/un attore/uno scrittore, per loro non sono meritevoli di essere definiti fan.
Io, personalmente, adoro molti gruppi dei quali conosco molte canzoni ma non saprei, ad esempio, dire l'ordine degli album o cose del genere. Personalmente non mi importa se le persone poi mi prendono in giro per questo: a me le canzoni piacciono da morire e anche se non conosco tutti i dettagli posso dire che senza di esse non riuscirei a stare.
Alla fine ritengo che nessuno ha il diritto di dire a qualcun altro "non sei fan" - a meno che proprio non si conosca che una o due canzoni, ecco, lì è differente - perché non sa TUTTO. Si può amare un artista o un gruppo con tutto il cuore senza conoscere a memoria ogni singolo attimo della loro vita, secondo me; non è che un fan si riconosce dagli urletti isterici che fa ogni giorno in suo nome. Almeno io la penso così.

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Successe un paio di mesi fa.
"Ti vedo tanto sicura e decisa fuori, ma è come se dentro fossi spezzata."
Me lo disse il perito incaricato di scegliere a chi dare l'affidamento di mio fratello, quando ebbi il mio primissimo colloquio con lui. Non gli avevo ancora praticamente detto nulla di me, avevo solo detto quanto io tenessi a mio fratello. Quelle parole mi sconvolsero completamente e feci fatica a riprendermi in quel momento, per recuperare le parole e rispondere poi tranquillamente alle altre sue domande.
Fu destabilizzante, perché cominciai a chiedermi quanto fosse visibile per le persone che mi erano attorno le mie sofferenze interiori, e per i giorni che seguirono quella frase condizionò non di poco il mio comportamento, mostrandomi ancora più decisa di quanto fossi normalmente e cercando di mascherare la mia sofferenza/di capire se le persone che mi circondavano avevano capito cosa stessi provando realmente.
Tutt'oggi, quando ripenso a quella frase, ci ripenso e cerco di costruirmi delle maschere ancora più spesse per chi non mi conosce - eppure è come se più ci provassi, più non ne fossi capace.
Più fingo, più si vede.

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Caro diario,

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Ricordi quando dicevo di invidiare i sorrisi dei bambini, perché erano i più sinceri che avevo avuto mai l'occasione di vedere e temevo che non avrei mai avuto, io, nel volto, un'espressione di tale gioia?
Beh, caro diario, mi sbagliavo, perché oggi quella bambina sorridente sono io.
Mi trovo comodamente seduta appoggiata a un albero nei giardini di Villa Borghese che, come sai, tanto amo. Il sole sta tramontando, concludendo questa giornata particolare che ho sempre desiderato vivere.
Ti scrivo con la più grande consapevolezza, ora, che il sole ci sia anche nelle giornate più piovose, se noi gli permettiamo di illuminarci.
Non ho mai avuto un sorriso così sincero sulle labbra, il cuore così libero, la sensazione di avere il potere del mondo tra le mani. Le gambe ancora tremano, ma io non riesco nemmeno ad accorgermene; sono pervasa di felicità. E sai, non l'avrei mai detto, ma la felicità è come la brezza fresca in riva al mare, come la cioccolata calda tra le mani fredde, come un bacio lento sotto ai fuochi d'artificio.
La mia felicità, poi, è il mio nome sulla copertina di un libro.
E oggi sono riuscita a vedere qualcuno con in mano il mio romanzo, mentre lo leggeva e pareva talmente immerso nella lettura da non accorgersi nemmeno del mondo attorno.
Il mio cuore trema, sotto al peso di tanta euforia.
Non avrei mai creduto di riuscire ad arrivare a oggi, eppure sono qui. Il mio desiderio più grande si è avverato. Le lacrime sul cuscino e i desideri espressi a una stella cadente sono alla fine riusciti a portarmi dove ho sempre desiderato essere.
Sono contenta, realizzata, soddisfatta di me stessa. L'energia mi pervade completamente e finalmente riesco a distinguere i colori del mondo, che fino a prima avevo solamente immaginato.
Il verde intenso dell'erba mi circonda, punzecchiato da qualche fiorellino giallo - odiavo il giallo, ma ora sembra così bello, ora è tutto così bello - e rosso; se alzo gli occhi ho il cielo che si tinge di blu, lentamente, e so che i miei occhi stanno brillando davanti a questo spettacolo.
Sono riuscita a diventare portare la mia vita nell'unico posto in cui avrebbe mai potuto essere e le ho ridato, finalmente, un senso.
Ho sempre sentito di non appartenere a nessun luogo, ma ora mi sento come se ci fosse un posto, al mondo, per me.

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E da oggi in poi il mio volto non sarà più solcato da lacrime struggenti.
Non più.

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Io sono per i bagagli meticolosi e contemporaneamente per le valige all'ultimo minuto.
O meglio: preparo le cose da vestire parecchio tempo prima, riuscendo quindi a essere tranquilla. Poi cominciano a sovvenirmi mille altre cose da portare e fino all'ultimo minuto sono in giro per la casa a raccattare indumenti, giochi, effetti personali che non avrei neanche mai pensato di portare via. Non riesco a fare i bagagli con un ordine logico e sensato, perché all'ultimo minuto valuto molte più cose e comincio a recuperarne ovunque.
Il mio viaggio migliore è stato quando sono andata a Roma/Viterbo a dicembre dell'anno scorso, poiché sono stata con persone con cui mi trovavo benissimo e non avevo dimenticato nulla (strano ma vero!). Poi non ho viaggiato molto, quindi non ho molti termini di paragone, ma quei giorni li ho veramente trascorsi benissimo.

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Maguelonne, France, 1422.

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Marie, mi chiamo. Ancora per pochi istanti, almeno.
Nelle ultime ore sono successe fin troppe cose e non riesco nemmeno a capacitarmene.
All'alba, due uomini sono irrotti nella mia piccola casa di campagna, svegliandomi e intimandomi di andare con loro. Mi hanno lasciato appena il tempo di indossare un kirtle sopra alla chemise con la quale dormivo, e poi mi hanno condotto dinanzi al Vescovo, Louis Aleman. Avevo solo sentito parlare di lui a Maguelonne, ma sicuramente non avrei mai pensato che un giorno avrei avuto modo di vederlo così da vicino.
Né tanto meno che avrebbe sentenziato la fine dei miei giorni.
Già da tempo mi avevano avvisata di stare attenta, soprattutto la signora Lucille Chevalier; le voci corrono senza mai fermarsi e chi si vuole vendicare, nel paese in cui vivo e soprattutto in questi tempi, ha tutti i modi che vuole.
Basta che la tua "vittima" abbia i capelli rossi, per esempio. Possegga un gatto nero. Occupi il suo tempo - per guadagnare qualcosa per comperare il pane e anche per una bontà d'animo mai riconosciuta - come guaritrice, considerando i costi eccessivi di un medico e l'enorme quantità di popolazione che non può permettersi tali lussi.
Basta essere come me, insomma. E già subito, senza nemmeno bisogno di grandi inquisizioni, possono condannarti al rogo. Chiamarti "strega". Far finire i respiri innocenti di chi non ha commesso alcun reato.
A poco sono servite le mie parole, davanti al vescovo e all'inquisizione popolare, mentre cercavo di difendermi dalle accuse di stregoneria e mostravo loro come i miei decotti e gli infusi fossero delle semplici medicine, che usavo per aiutare i più poveri.
A poco sono servite le parole di chi ha tratto benefici dai miei aiuti, contro chi invece richiedeva a gran voce una pena senza pietà.
La folla, però, ha chiamato.
Ancora per poco posso dire di chiamarmi Marie Valois, perché l'esecuzione mi attende tra poche ore e queste saranno le mie ultime parole, parole di un'innocente, scritte in un foglio rigato di lacrime che nessuno mai si curerà di leggere.

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