Erica G. (Echoes)

Ciao, Erica.
No, non storcere il naso! So che ora il tuo nome proprio non ti piace, ma un giorno comincerai ad adorarlo, proprio come tutti i tuoi lettori, che vi ritrovano la loro scrittrice preferita.
Oh, sì, ci sei riuscita: hai coronato il tuo sogno. Ricordi quella saga a cui stavi lavorando, che ti creava tanti problemi e una miriade di blocchi? Ecco, è diventata solo il primo dei tuoi grandi successi.
Qui a Roma - perché sì, abiti proprio in centro Roma, come hai sempre sognato! - spesso ti fermano per strada riconoscendoti. Specialmente in Piazza Navona, ormai hanno capito tutto che ti fermi lì ogni volta che hai bisogno di pensare o semplicemente di sorridere. Come hai sempre desiderato, è diventata il tuo piccolo angolo di Paradiso.
Se te lo stai chiedendo... sì, sei riuscita a lasciarlo andare. Però vi risentite un po', ogni tanto vi chiamate, così; non è più il tuo migliore amico ovviamente. Si è sposato, è felice; anche tu sei sposata. Hai un bellissimo bambino di cinque anni con i capelli scuri e i tuoi occhi azzurri. Molto vivace, gli piace la letteratura e la musica. Sei una brava madre, anche se non credevi che lo saresti mai diventata. E pure una brava moglie aggiungerei: lui ti ama. Non ti dirò se lo conosci di già, questo lui, ma sappi che comunque è la persona che ti renderà più felice al mondo.
Scrivi, scrivi, scrivi tutto il giorno e ne sei felice, anche se non senti più i tuoi genitori. Vedi spesso tuo fratello, però, e cerchi di dargli ancora quell'amore che gli dai ora, quasi fossi sua madre.
Hai anche ripreso a correre e sei un po' ingrassata. I tuoi occhi ora conoscono solo le lacrime della gioia e della commozione, ci riesci a credere?
Allora, dimmi: ne vale la pena? Lottare tanto come stai facendo ora, per arrivare poi fino a qui?
Sì, ne sono sicura. Sono certa che non vedi l'ora di diventare la persona che sarai e che farai di tutto per raggiungerla.
Perciò smettila. Smettila con i dubbi, le insicurezze, i ripensamenti e le indecisioni. Sai cosa devi fare, no? Prendi quel biglietto e parti. Troverai mille amici più sinceri di quelli che hai ora, riuscirai a conseguire i tuoi studi con più serenità, lavorerai con un sorriso e anche se faticherai, alla fine sarai veramente felice.
Smettila di preoccuparti degli altri, di chi lascerai, di chi sentirà la tua mancanza. Loro nemmeno ti cercheranno più e tu devi preoccuparti della tua vita, almeno una volta nella tua esistenza.
Ti aspetto, Erica.
Aspetto che tu arrivi qui, che diventi quella persona che sono io e che ti scrivi questa lettera. Avrai un sorriso enorme, una piccola lacrima che scende lungo le guance, la sensazione di non essere mai stata così bene e di non poter desiderare di meglio nella tua vita.
Tutti i tuoi sogni e le tue speranze sono lì accanto a te e si realizzeranno piano piano.
Tu resisti e sorridi, fronteggia il mondo a testa alta e comincia a renderti orgogliosa di essere Erica.
Un grosso abbraccio. Sei forte, fortissima.

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Erica.

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Personalmente sono convinta che un amore totalitario non debba "sopportare le spine", quanto piuttosto amarle. Amarle e pensare che siano semplicemente parte della bellezza della rosa.
Non credo che ci sia un limite di sopportazione per quanto riguarda l'amore. Forse si arriva a un punto in cui ci si dimentica dell'amore per se stessi e allora bisogna fare marcia indietro perché ormai le proprie mani sono ricoperte dalle cicatrici provocate dalla rosa, però non è che non lo si sopporta più; è che bisogna volersi bene almeno un po'.
L'amore non è correlato al masochismo, almeno non credo. L'amore semplicemente sa accettare anche ciò che fa male, perché è minimo rispetto al bene che quella persona gli provoca. Ovviamente poi magari alcune spine - quelle troppo grandi, quelle che son più dolorose da toccare, si possono poi eventualmente cercare di tagliare, con il consenso del fiore, ovviamente.

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Dipende da chi ti dà l'abbraccio e in che occasione.
C'è un abbraccio che può significare "mi sei mancata": è quello tra due persone che si incontrano dopo tanto tempo e si rincorrono fino a stringersi forte, quasi a dire: "ti prego, non lasciamoci più".
Poi c'è quello dei "ti voglio bene" che di solito s'incontra nel mezzo dei discorsi. Un abbraccio che nasce spontaneamente per una frase, una parola, una domanda, un silenzio.
C'è l'abbraccio dei "mi dispiace" e dei "sono con te", nato per asciugare le lacrime che ricoprono il volto e anche quelle che invece non riescono ad uscire.
C'è l'abbraccio dei "mi mancherai", uno di addio, di saluto, di arrivederci che solitamente esce quando ci si separa e non si sa quando ci si rivedrà.
C'è l'abbraccio del "sono orgoglioso di te" che spunta quando fai qualcosa che risulta importante o che è importante per te e chi ti è accanto ti appoggia e te lo dimostra stringendoti a te.
Infine c'è l'abbraccio del "grazie". Il mio preferito, attualmente. Lo si dà a una persona quando si percepisce che la sua presenza ti ha rischiarato la vita, te l'ha illuminata, te l'ha cambiata o ti ha anche semplicemente ascoltata. Sono abbracci che non sempre riescono a raggiungere le persone a cui sono destinate, a volte ci si limita alle parole: "Ti abbraccerei", eppure sono allo stesso modo intensi e si percepiscono sempre intensamente sulla pelle.

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Ho pensato a moltissime cose, sai? Questo video infatti mi ha proprio ipnotizzata, l'ho guardato più e più volte prima di decidermi a rispondere a questa tua domanda.
Innanzitutto ho rivolto un pensiero ai Pink Floyd e all'album The Wall, per la presenza del muro che isola i due. Un pensiero spontaneo, probabilmente anche un po' fuori luogo, però impossibile da evitare per me.
Poi, il fatto che i due abbiano cominciato a cercare di comunicare nonostante non si potessero né sentire né toccare mi ha fatto un po' venire in mente anche le amicizie a distanza, quelle che nascono attraverso uno schermo e che possono solo cibarsi di parole digitali, in qualche modo.
Ho pensato alle passioni comuni che si accumulavano piano piano e a un sentimento che cresceva e desiderava incontrarsi.
Quando lui ha cercato di rompere il muro distruggendosi la mano sono rimasta scioccata. Mi è salita un po' d'amarezza e di dolcezza triste, perché voleva semplicemente prendere per mano lei; ha cercato di fare il possibile per averla, anche farsi del male, anche perdere l'uso del braccio che, probabilmente, era una delle cose migliori che avesse dietro a quel muro: il modo di comunicare con lei.
Ma il regalo che lei gli fa mi ha ridato speranza. Un segno nell'oscurità. Perché nonostante le mura che possono separare due persone, se l'affetto è abbastanza grande, niente può impedirgli di crescere.

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Cervello: "Ciao, Erica."
Io: "Non chiamarmi Erica."
Cervello: "Sei insopportabile. Ancora ti ostini con questa storia che non ti piace il tuo nome? Smettila..."
Io: "Forse, se tu mi ascoltassi e lasciassi il passato alle spalle come ti ripeto sempre di fare, sarebbe più semplice."
Cervello: "Ahahah, ma tu ci vivi, nel passato!"
Io: "Ci ho vissuto per fin troppo tempo. Mi pareva che fossimo d'accordo, no? Ora doveva cominciare una nuova vita, una nuova Erica."
Cervello: "Lo vedo. Hai cambiato capelli, numero di telefono, ieri quasi non hai parlato con quella che ritenevi fosse la persona più importante della tua vita nonostante non la vedessi da due mesi."
Io: "Sono decisa, voglio cambiare. Me lo permetterai? O farai sempre di testa tua, riportandomi tra la malinconia e i ricordi dolorosi?"
Cervello: "Faccio ciò che vuoi tu, Erica."
Io: "Allora permettimi di andare avanti. Ci costruiamo una nuova vita, lontano da qui, via dal passato, con lo sguardo rivolto al futuro."
Cervello: "Sei sicura di potercela fare?"
Io: "Sicurissima. Tu smettila di portarmi alla mente certe ricordi."
Cervello: "Va bene."
Io: "E smettila anche di fare certe assurde associazioni con persone che voglio dimenticare."
Cervello: "Va bene."
Io: "E smettila di credere a tutto ciò che dicono, alle insinuazioni sulla mia totale inutilità."
Cervello: "I-io..."
Io: "Non transigo, chiaro?"
Cervello: "Tenterò, Erica."
Io: "E smettila di chiamarmi Erica."

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Chissà se mi ascolterà, questa volta.

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No. Ci ho provato spesso, continuamente, a darmi dei limiti da non oltrepassare.
Mi dicevo che non dovevo superarli, altrimenti avrei cominciato a farmi del male, ad annullarmi completamente per persone che, spesso, non provavano un decimo del sentimento che percepivo io nei loro confronti.
L'amore - almeno il mio - è incontrollabile; per quanto io cerchi di deviarlo, attenuarlo, evitarlo, lui spunta fuori prepotentemente con una forza e una decisione che non riesco mai a contrastare.
Allo stesso tempo non arriva se io lo voglio, non compare secondo la mia volontà.
Travolge la mia vita come più gli aggrada, senza nemmeno chiedere il permesso. Spesso è stressante, umiliante, doloroso; io tendo sempre ad amare troppo e a non lasciare più spazio a niente.
Al momento - che non credo d'essere innamorata di nessuno - mi ritengo veramente fortunata. Finalmente posso prendere in mano la mia vita e cercare d'amare me stessa, almeno un po'.

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